Dai caccia ai droni: così cambia la guerra nei cieli

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Dai caccia ai droni: così cambia la guerra nei cieli

Messaggio da Phant » 12 agosto 2022, 2:49

Insideover.com ha scritto:
Dai caccia ai droni: così cambia la guerra nei cieli

In principio erano solo un’invenzione curiosa prestata alla guerra. Una scommessa, un tentativo, un modo per sostituire e superare nelle immobili prestazioni i palloni aerostatici “frenati” che venivano impiegati per avvistare i movimenti del nemico da grandi distanze fin dal XVIII secolo. Gli aeroplani, “uccelli” per uomini fatti di legno e tela nati dalla sbalorditiva e pionieristica intuizione dei fratelli Wright, venivano relegati a compiti secondari: come quello della ricognizione fotografica e dell’osservazione avanzata delle postazioni nemiche.

Nessuno – neppure i più dotati d’immaginazione – avrebbe mai pensato di dotarli di armi all’inizio del XX secolo. Non era neanche lontanamente prevista la possibilità di un combattimento aereo tra velivoli avversari. La guerra spettava ai cannoni, alla fanteria, e alla cavalleria. Tuttalpiù erano gli equipaggi, allora composti da un pilota e spesso da un osservatore, a portare con se armi individuali come le pistole d’ordinanza. Agli albori se due aviatori con insegne avversarie – le famose “coccarde” che iniziavano a comparire sulle ali per distinguere l’amico dal nemico – s’incrociavano tra le nuvole, non era inconsueto che si limitassero a scambiarsi il saluto militare di reciproco rispetto delle temerarietà necessaria al volo, ancor prima di quelle che spettava al più pericoloso volo di guerra. Questo almeno fino al 1911, quando, la colomba ideata da Igo Etrich aveva sperimentato la pratica del bombardamento aereo nella guerra Italo-Turca in Libia. E al 1913, quando secondo una concorde testimonianza, due piloti americani in forza agli schieramenti avversi si scaricarono reciprocamente addosso i tamburi dei loro revolver, prima di proseguire ognuno per la sua rotta.

Sarà lo scoppio della Prima guerra mondiale a cambiare la concezione della guerra aerea per sempre. Dando all’aereo da guerra non solo un ruolo di primo piano in ogni genere di conflitto futuro, ma rendendolo il vettore capace di trasportare gli armamenti più letali mai sviluppati in ogni angolo del pianeta.

Un balzo tecnologico spaventoso

Dal trasportare semplici pistole automatiche a ricoprire un ruolo chiave nella Triade nucleare sono bastati appena trent’anni. Se nell’inverno del 1915 sui Fokker Eindecker III venivano montate le prime mitragliatrici aeronautiche sincronizzate – per consentire al pilota di un monoplano di sparare dal muso del velivolo senza colpire le pale dell’elica -; nell’estate del 1945 un bombardiere strategico Boeing B-29 Superfortress con un equipaggio di 11 uomini a bordo sganciava la prima bomba nucleare a migliaia di chilometri di distanza dalla sua pista di decollo. Un’arma, la bomba A, che avrebbe modificato proprio in virtù della sua capacità distruttiva l’intero assetto delle flotte aeree di ogni potenza e super potenza. Perché dal primo “strike nucleare” della storia e la nascita del concetto di deterrenza, la strategia aerea – incentrata fino ad allora sul bombardamento strategico, sul bombardamento tattico, e sul raggiungimento della supremazia aerea – ha iniziato concentrare il suo interesse su due nuovi e principali scenari d’azione che avrebbero monopolizzato la corsa allo sviluppo di questo tipo arma per tutta la durata della Guerra fredda: l’incursione in profondità nel territorio nemico, in seguito o attraverso la soppressione della bolla di difesa avversaria (composta da sistemi radar e sistemi di armi antiaeree sempre più sofisticate) per colpire obiettivi davvero strategici – sul piano offensivo; e l’intercettazione dei cacciabombardieri supersonici capaci di trasportare letali missili da crociera aviolanciabili e dei missili balistici – sul piano difensivo.

Dalla Guerra Fredda agli aerei del futuro

Lo sviluppo di ogni velivolo da combattimento aereo nell’epoca della Guerra fredda ha sempre tenuto conto di tre caratteristiche fondamentali: una bassa visibilità ai radar, una velocità sempre maggiore, e un’avionica sempre più sofisticata per impiegare armamenti intelligenti (come le bombe guidate) e equipaggiamenti o strumentazioni elettroniche sempre più avanzate ed essenziali in combattimento. Erano ben distanti i tempi dei duelli aerei tra i caccia monoposto degli assi come il barone von Richthofen. Quelli del tiro in deflessione dalle mitragliatrici alari che avevano imparato a padroneggiare i piloti che si erano misurati nella battaglia d’Inghilterra, o delle terrificanti “tempeste di fuoco” sperimentate dall’Alto comando alleato nel cuore della Germania nazista. Già durante la guerra del Vietnam il combattimento aereo era quasi esclusivamente affidato ai missili air-to-air a guida infrarossa come il famigerato Aim-9 Sidewinder; mentre il bombardamento, sebbene ancora condotto dai B-52 secondo le vecchie “tattiche”, veniva ormai anticipato da missioni di “soppressione” delle difese aeree condotti velivoli appositamente sviluppati per la guerra elettronica o per l’impiego di missili anti-radar con il fine di fiaccare le difese avversarie e perdere durante l’attacco il minor numero possibile di piloti e apparecchi.

Questo lungo preambolo – non me ne voglia il lettore – si è reso necessario per introdurlo alla modernità dei velivoli di 4° generazione (e 4°generazione + e ++, ndr) come gli F-15 Strike Eagle, il MiG-29 (nome in codice NATO: Fulcrum) o l’Eurofighter F-2000; ai fatidici velivoli di 5°generazione come l’F-22 Raptor, l’F-35 Lightning II, il Su-57 russo(nome in codice NATO: Felon) e il Chengdu J-20 cinese; e alle futuristiche piattaforme aeree di 6° generazione come il Tempest inglese e il futuro Next-Generation Air Dominance (NGAD) che gli Stati Uniti stanno sviluppando in gran segreto. Una piattaforma che, insieme al bombardiere stealth di nuova generazione B-21 Raider, potrebbe scalzare dal primato di aerei più sofisticati e costosi della storia i caccia da supremazia aerea F-22 e bombardieri B-2 Spirit: gli unici velivoli che gli Stati Uniti non hanno mai venduto o condiviso con altre potenze.

Queste nuove piattaforme mirano ad integrare le più innovative tecnologie sviluppate dal Pentagono e dalle divisioni di ricerca e sviluppo delle maggiori potenze europee, e comprendono tra le altre la possibilità di guidare in battaglia i famigerati “sciami di droni“. Oltre a poter intercettare missili intercontinentali comunicando attraverso il loro sofisticatissimi appartati di sensori con satelliti, senza venir meno alle caratteristiche di ogni caccia da superiorità aerea: velocità, robustezza, una firma radar ridotta la minimo per non essere intercettato nelle sue missioni nello spazio aereo nemico, e una potenza di fuoco letale suddivisa tra i vari armamenti convenzionali di nuova generazione.

I droni “gregari” e la guerra delle macchine

L’arrivo sul campo di battaglia dei droni armati come i Reaper e Predator (e tutti i derivati esteri) ha introdotto nella guerra aerea un nuovo modo di combattere limitando al massimo il rischio di perdere un aereo da combattimento dietro le linee nemiche. Questa nuova strategia – di cui il Pentagono è stato pioniere e affezionato utilizzatore nel corso di tutti i conflitti che hanno riguardato il teatro del Medio Oriente – è sempre stata resa efficace dalla disparità tecnologica delle forze schierate in campo. L’invio di un UAV (acronimo di Unmanned Aerial Vehicle o velivolo a pilotaggio remoto se si preferisce) con missili anticarro Hellfire ha sempre rappresentato infatti un vantaggio per una potenza che da 10mila chilometri poteva centrare con precisione millimetrica un deposito, un bunker, o una sola tenda con pochi terroristi con una precisione millimetrica e con un dispendio di denaro relativamente inferiore a quello che avrebbe dovuto sacrificare facendo decollare un F/A-18 Hornet da una portaerei che incrocia nel Golfo Persico o in quello di Aden, per esempio. Questo senza esporre il pilota, il vettore di lancio e un’ipotetica squadra di incursori preposta ad illuminare il bersaglio “sul campo”, ad alcun rischio. Ma cosa accadrebbe nel caso non si trattasse di una guerra asimmetrica e le forze in campo fossero provviste e padroneggiassero la stessa tecnologia?

Per questa evenienza il Pentagono si starebbe preparando a schierare in prima linea droni da combattimento dotati di intelligenza artificiale come i Valkyrie: droni di ultima generazione che fungeranno da “fedeli gregari” di piattaforme da combattimento con equipaggio umano come i suddetti caccia di 5° e 6° generazioni. Ad esempio gli F-35. Allo stesso modo il Cremlino avrebbe annunciato lo sviluppo (le notizie di ulteriori test sono di queste settimane, ndr) di un drone da combattimento analogo, il Su-70 Okhotnik, che dovrebbe accompagnare in combattimento il caccia di ultima generazione Su-57.

Questi due UCAV (acronimo di Unmanned combat aerial vehicle) potrebbero diventare il futuro del combattimento aereo come potrebbero diventarlo gli “sciami di droni” che dovrebbero accompagnare il caccia multiruolo BAE Systems Tempest. Ciò incentrerebbe il futuro della guerra aerea sul concetto della “sacrificabilità”: ossia l’impiego di poche o molte unità a pilotaggio remoto che limitino la minaccia per l’unità “leader” dove si troverebbe un solo unico e altamente qualificato pilota umano.

In questo modo le incursioni nello spazio aereo nemico del futuro finirebbero per contemplare una “combinazione di caccia multiruolo provvisti di tecnologia stealth, accompagnatati da questi fedeli gregari autonomi che saranno capaci di aprirgli la strada e allo stesso tempo di coprir loro le spalle” da missili e caccia avversari. Seguirebbe poi lo strike di bombardieri strategici stealth che lancerebbero le loro munizioni intelligenti o i loro missili da crociera ipersonici.

Secondo le informazioni diramate dai diversi dipartimenti della Difesa, i nuovi droni da combattimento dovrebbero essere in grado di ingaggiare e abbattere jet nemici, compiere manovre evasive e di supporto in combattimento aereo, ma sopratutto sarebbero votati ad interferire con qualsiasi tipo di minaccia mentre l’unità principale è impegnata a portare l’attacco al suo target. Questo riguarderebbe soprattuto azioni di soppressione della rete di difesa antiaerea nemica, in modo da spianare la strada all’unità leader con equipaggio umano.

Una considerazione sul presente in vista del futuro “prossimo”

Lo straordinario “balzo in avanti” nel campo della aviazione militare, che è sempre stata motivata dalla necessità di contrastare la tecnologia degli avversari ipotetici per garantisti la supremazia tecnologica che avrebbe portato – nel caso di conflitto – all’indispensabile supremazia aerea, sembra aver rallentato negli ultimi 20/30 anni; tanto da lasciare in linea di combattimento velivoli sviluppati negli anni ’70, o addirittura aver spinto a prediligere – come nel caso degli F-15X – vecchie piattaforme nei loro più moderni aggiornamenti alle nuove. Il conflitto aereo nel teatro ucraino, ma non meno quelli combattuti nel Siraq, o quelli che vedono come protagonista la Forza aerea israeliana hanno spesso dimostrato – e continuano a dimostrare – non solo come alcuni velivoli siano stati “sopravvalutati” sulla carta, pensiamo ai Sukhoi russi che vengono abbattuti dagli ucraini, ma come alcune velivoli ben rodati continuano ad essere sempre e comunque preferiti quando bisogna combattere davvero.

Dagli aerei da attacco al suolo A-10 Thunderbolt (entrati in servizio nel 1977), ai caccia multiruolo F-16 Fighting Falcon (entrati in servizio nel 1978), agli immortali bombardieri B-52 (entrati in servizio del 1952) – rappresentante dal Mediterraneo all’Indopacifico (con lo sguardo rivolto al pericolo Taiwan e alla tensioni del Mar Cinese), della vecchia “proiezione” di potenza di un colosso armato e iper-tecnologico come gli Stati Uniti – le grandi potenze sembrano sempre prediligere i vecchi veterani ai nuovi prodigi della tecnologia. Lasciando sempre negli hangar (sebbene sia di questi giorni la notizia che Washington intende schierare in Polonia alcuni) gli F-22, come i Su-57 che il Cremlino ha scelto di non schierare in Ucraina pur non avendo ottenuto – in nessun modo – la supremazia aerea sulla piccola aeronautica di Kiev.

Su queste basi, e contando impiego operativo ridotto dell’F-35, relegato come il Su-57 a missioni in conflitti asimmetrici – forse per timore di vederli persi in battaglia con il rischio di essere recuperati, rivelando segreti tecnici, o non rivelando alcun segreto – il vero quesito che rimane che forse resterà privo di risposta, spinge a domandarsi se ciò che le potenze militari vogliono mostrare di aver ottenuto (o promettono di ottenere) nel campo della tecnologia aeronautica, sia alla portata della realtà, e se rappresenti davvero un’opzione davvero praticabile in battaglia, o se si tratta solo di una distante ipotesi utile alla propaganda. Per adesso i fedeli gregari con intelligenza artificiale, gli sciami, e i loro leader di quinta generazione, rimangono negli hangar o sono in via di progettazione in vista di una minaccia futura, che, come sempre nelle nostre conclusioni, nessuno si augura.


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Re: Dai caccia ai droni: così cambia la guerra nei cieli

Messaggio da Phant » 31 agosto 2023, 0:01

Insideover.com ha scritto:
La nuova sfida dell’aeronautica Usa per vincere i conflitti di domani

A seguito del crollo dell’Urss l’aviazione statunitense si è trovata ad affrontare scenari operativi caratterizzati dalla presenza di attori non statali, o di attori statali dotati di capacità militari estremamente ridotte. Il ritorno della competizione tra potenze ha comportato l’avvio da parte di Washington di iniziative volte ad affrontare nuovamente scontri con avversari dotati di capacità che negano all’aviazione americana il controllo dei cieli.

Le tecnologie d’attrito a basso costo

L’iniziativa Lcaat (Low Cost Attritable Aircraft Technologies) è stata lanciata nel 2015 dall’Air Force Research Laboratory, con l’obbiettivo di costruire una possente flotta di droni a basso costo, altamente funzionali e facili da realizzare. L’acronimo “Lcaat” viene utilizzato per indicare sistemi d’arma, o di supporto, dotati di tre caratteristiche fondamentali. La prima di esse è rappresentata dalla capacità d’attrito, definita come l’intersezione di un ciclo di vita relativamente breve, un elevato range operativo e una buona resistenza. La seconda si riferisce invece alla riutilizzabilità di tali piattaforme, mentre l’ultima attiene ai bassi costi delle stesse, riferiti tanto al processo di produzione, quanto di manutenzione.

Tali tecnologie sono intese come un “ponte” tra le due categorie di sistemi attualmente in dotazione all’aviazione statunitense. Attualmente l’inventario delle forze aeree statunitensi risulta infatti essere bicefalo, diviso tra sistemi d’arma “sofisticati”, caratterizzati da grandi varietà di impiego operativo, unite però a costi di produzione e manutenzione elevati, significativi danni in caso di perdita e sistemi “spendibili”, i quali presentano bassi costi di produzione e manutenzione, ai quali fa da contraltare la presenza di una singola modalità d’impiego. Le Lcaat sono invece caratterizzate tanto da costi di produzione e manutenzione piuttosto contenuti, quanto da un’elevata varietà di modalità d’impiego. Ciò è garantito sia dalla versatilità dei singoli sistemi, sia dalla possibilità di realizzare questi ultimi come piattaforme multifunzione, in grado di essere configurate con differenti equipaggiamenti a seconda delle necessità operative.

La necessità di introdurre le Lcaat nasce dal completo cambiamento dello scenario operativo nel quale la United States Air Force (Usaf), sarebbe chiamata ad operare in caso di guerra. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica la Usaf ha operato contro nemici caratterizzati da capacità pesantemente inadeguate a far fronte alla potenza aerea statunitense, ciò ha determinato una costante in tutte le ultime operazione militari condotte da Washington, ossia l’assunzione in tempi estremamente brevi (talvolta poche ore) della superiorità aerea.

Già a partire dagli anni Novanta i competitor statali degli Stati Uniti hanno avviato la costruzione di possenti strutture difensive costituite tramite l’integrazione e l’accumulo di diversi sistemi d’arma al fine di contrastare le capacità di proiezione di potenza americane e negare a Washington la libertà d’azione nel teatro bellico considerato. Tali meccanismi, descritti nella pubblicazione Meeting the Anti Access Area Denial Challenge, sono oggi noti come A2/AD. Negli ultimi anni i principali competitor statali degli Stati Uniti, tra cui la Federazione russa e la Repubblica Popolare Cinese, hanno costruito grandi forze aeree e possenti sistemi A2/AD. In virtù di ciò, in caso di un conflitto su vasta scala con uno di tali competitors, l’aviazione statunitense dovrebbe adattarsi ad operare in un ambiente operativo contestato, caratterizzato dalla presenza di un nemico dotato delle capacità di porla seriamente in difficoltà.

I vantaggi delle Lcaat

In un ambiente operativo contestato le Lcaat possono fornire una vasta gamma di vantaggi su molti fronti. Anzitutto le tecnologie d’attrito a basso costo consentono di incrementare al massimo la situational awareness. La Science and Techmology Strategy rilasciata dall’Usaf nel 2019 indicava infatti come la presenza di un elevato numero di piattaforme in grado di svolgere funzioni Isr (Intelligence Surveillance and Reconnaissance), potesse garantire una completa conoscenza del campo di battaglia e dei movimenti del nemico, riducendo il rischio di collasso in caso di perdita di un singolo sistema. La situational awareness garantisce al contempo la possibilità di condividere rapidamente tali informazioni con il resto delle unità e agire pertanto con più rapidità e maggiore efficacia del nemico, migliorando notevolmente il processo di decision making tanto sul fronte offensivo, quanto su quello difensivo. Tali sistemi in virtù dell’estrema semplicità dei processi di produzione, sono altresì interamente realizzabili negli Stati Uniti, i quali possono quindi mantenere una produzione a ciclo chiuso, non legata ad alcun fornitore esterno.

Le Lcaat risultano inoltre altamente funzionali come moltiplicatore di potenza, tramite il teaming con sistemi d’arma tradizionali quali aeromobili di quinta generazione. Tali tecnologie consentirebbero infatti di incrementare notevolmente le capacità di intercettazione di una squadra di veivoli, conferendo un enorme vantaggio in caso di combattimento aereo. Tuttavia il ruolo certamente più rilevante che tali tecnologie potrebbero essere chiamate a svolgere è certamente quello di supporto alle squadre aeree operanti in un ambiente contestato. Le Lcaat possono infatti fare da battistrada ai velivoli principali in caso di azioni offensive in tali scenari operativi. Anzitutto detti sistemi potrebbero fornire con estrema precisione la posizione delle difese aeree nemiche, facilitando quindi lo svolgimento di missioni Sead/Dead, piccoli droni dotati di sistemi di disturbo potrebbero disabilitare i sistemi nemici, Lcaat dotate di armi potrebbero svolgere esse stesse funzioni Sead/Dead, preservando il potenziale distruttivo dei velivoli principali, il quale potrebbe essere scaricato su bersagli più rilevanti. Infine esse potrebbero anche saturare le difese aeree nemiche, ponendosi a difesa degli asset aerei più importanti, o attaccandole sino ad esaurirne le munizioni.

Vincere oggi le guerre di domani

L’invasione russa dell’Ucraina ha dimostrato l’importanza chiave di due fattori: il primo consiste nella superiorità aerea, il cui mancato ottenimento ha determinato il generale crollo dei piani d’invasione russi, rovinati su se stessi già nei primi giorni. Il secondo attiene invece all’estrema importanza di un elevato numero di sistemi senza pilota facili da produrre, facili da mantenere e poco costosi, in grado di svolgere la funzione di moltiplicatore di potenza per gli asset principali.

La rivoluzione tecnologica sorta con la nascita di internet e il costante avanzamento del settore dell’elettronica ha inizialmente determinato la produzione di velivoli caratterizzati da un elevatissimo livello di sviluppo tecnologico, al quale hanno fatto da contraltare elevati costi di mantenimento e produzione, estrema complessità nell’addestramento e scarsa capacità di rimpiazzo in caso di perdita.

Tale inventario risulta decisamente inadatto ad affrontare una guerra contro un potente nemico statale quale la Repubblica Popolare Cinese, la quale ha costruito negli ultimi anni una possente bolla A2/AD nello Stretto di Taiwan, teatro di una guerra non certa, ma decisamente probabile. In diverse occasioni le forze armate statunitensi hanno mostrato di essere in grado di apprendere importanti lezioni dal settore privato ed applicarle con successo. Nel caso dei prodotti elettronici, il settore privato a seguito dell’exploit nei primi anni Ottanta ha inizialmente generato un piccolo numero di sistemi (telefoni cellulari e computer) posseduti principalmente da enti statali e da una ristretta minoranza della popolazione. Nel corso degli anni tali sistemi sono andati incontro ad una crescente commercializzazione, la quale ha finito per incrementarne esponenzialmente il numero e le funzionalità, sino renderli progressivamente oggetti di uso comune. La capacità dell’Usaf di vincere le guerre di domani, passerà necessariamente per il recepimento e l’applicazione degli insegnamenti di tale processo.


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