Intervento aereo contro ISIS (Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Filippine)

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Re: Intervento aereo contro ISIS (Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Filippine)

Messaggio da Phant » 4 gennaio 2018, 3:48

Analisidifesa.it ha scritto:
Bilancio positivo per le operazioni dei MiG-29SMT in Siria

Il MiG-29SMT, ultima tra le numerose versioni del Fulcrum, ha dimostrato un’elevata affidabilità ed efficacia in combattimento durante le recenti operazioni in Suiria; a riferirlo all’agenzia Sputnik è stato Sergei Korotkov, CEO di Russian Aircraft Corporation MiG (RAC MiG). Dello schieramento in Siria dei MiG-29SMT Analisi Difesa ne aveva parlato lo scorso settembre.

“L’invio del MiG-29SMT – ha commentato Korotkov – è servito principalmente a dimostrare le sue capacità in un teatro di guerra reale. In oltre due mesi e mezzo di operatività l’aereo ha effettuato più di 140 sortite portando a termine compiti specifici di eliminazione delle infrastrutture site in aree terroristiche. Tutto questo ci ha permesso di valutare egregiamente sia il funzionamento dell’elettronica di bordo che dei sistemi d’arma.”

Secondo Korotkov inoltre, il MiG-29SMT ha svolto missioni di combattimento individuali e congiuntamente con i Sukhoi Su-34 e Su-35, oltre che di supporto alle missioni dei Tupolev Tu-22M3. L’esperienza acquisita in Siria dai MiG-29SMT costituirà ovviamente una solida base per le eventuali modifiche e migliorie di questi velivoli oltre che uno spunto per i nuovi velivoli MiG incluso il nuovissimo MiG-35.

Facilmente riconoscibile per un’accentuata gobba, il caccia multiruolo MiG-29SMT sviluppato da RAC MiG nel 2004 dispone di serbatoi maggiorati integrati in fusoliera e della sonda per il rifornimento in volo. Dispone inoltre di una cellula rivestita da vernice radar assorbente ed è compatibile con le ultime generazioni di missili aria-terra.

Il MiG-29SMT è dotato inoltre del radar multimodale Zhuk-ME sviluppato da Phazotron NIIP: un sistema che consente il monitoraggio fino a 10 bersagli aerei e l’ingaggio simultaneo di 4 velivoli e ancora schermi multifunzionali a colori wide screen e comandi HOTAS.


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Messaggio da Phant » 9 gennaio 2018, 15:37

Analisidifesa.it ha scritto:
Siria: attacco alla base russa di Hmeymim

Lo scorso 31 dicembre, al calar della notte, la base aerea russa in Siria di Hmeymim è stata oggetto di un violento e improvviso fuoco di mortaio da parte di un gruppo di militanti estremisti. Secondo quanto riferito ieri dal Ministero della Difesa di Mosca sarebbero due i militari russi che avrebbero perso la vita nell’attacco sferrato a sorpresa. Dal profilo Facebook di un cittadino russo immediatamente citato dal Kommersant sono giunte dichiarazioni allarmanti circa la distruzione di ben 7 velivoli militari: quattro Sukhoi Su-24, due caccia Sukhoi Su-35S e un aereo da trasporto Antonov An-72 oltre ad un deposito di munizioni presente in loco.

Secondo lo stesso Kommersant sarebbero inoltre più di dieci i militari feriti nel grave attacco alla base aerea. La smentita da parte del Ministero della Difesa non si è fatta attendere: “Un rapporto del quotidiano Kommersant sulla presunta distruzione di sette aerei russi nella base aerea di Hmeymim è falso, il gruppo aereo russo in Siria è pronto per il combattimento e continua a portare a termine tutte le sue missioni”.

Il 3 gennaio il ministero della Difesa russo ha dichiarato infine che il 31 dicembre un elicottero Mil Mi-24 russo si è schiantato a terra a causa di un malfunzionamento tecnico durante un volo per l’aeroporto di Hama in Siria. Entrambi i piloti sono deceduti nel violento impatto ma è stata categoricamente negata ogni correlazione con l’attacco subìto nella notte del 31 dicembre.


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Messaggio da Phant » 15 gennaio 2018, 19:37

Analisidifesa.it ha scritto:
I jihadisti attaccano con i droni le basi russe in Siria

I droni che nei giorni scorsi hanno attaccato basi navali e aeree russe in Siria sono decollati da Idlib, provincia nel nord-ovest del Paese e zona di ‘de-escalation’ ancora in parte controllata da numerosi gruppi ribelli e jihadisti tra cui il sedicente Stato islamico (Is) e Tahrir al-Sham (fusione di diversi movimenti salafiti intorno ai qaedisti dell’ex Fronte al-Nusra). Lo ha riferito il giornale russo’Krasnaya Zvezda, organo ufficiale del ministero della Difesa russo.

“I droni sono stati lanciati dall’area di Muazzara, nella parte sudoccidentale dell’area di de-escalation di Idlib controllata dalle unità della cosiddetta opposizione moderata”, ha riportato il quotidiano, precisando che il ministero della Difesa russo ha inviato una nota ai vertici militari e dell’intelligence turchi chiedendo ad Ankara di far rispettare ai gruppi armati il cessate il fuoco a Idlib.

La provincia è una delle zone di de-escalation dell’accordo raggiunto ad Astana da Turchia, Russia e Iran. Ankara di recente ha accusato le forze di Damasco di attaccare i ribelli “moderati” a Idlib “con il pretesto di combattere il gruppo terroristico al-Nusra”.

L’esercito siriano è infatti impegnato dal 25 dicembre in violenti combattimenti contro i jihadisti in quel settore, sostenuto dalle forze aeree russe russe, L’obiettivo sembra essere la riconquista di Idlib.

Nelle ultime due settimane le forze siriane hanno preso il controllo di decine di villaggi e località della provincia e ieri, sotto intensa copertura aerea russa, le forze governative sono riuscite a entrare nell’aeroporto militare di Abu Duhur, dove sono in corso violenti scontri. Lo scalo, situato a cavallo tra le province di Idlib e Aleppo, è in mano ai jihadisti dal settembre 2015.

Circa l’attacco con i droni un alto funzionario del ministero della Difesa russo ha smentito che siano stati ben 31 i droni impiegati nell’attacco alle basi russe nelle prime ore del 6 gennaio, sottolineando che non ci sono motivi per mantenere segreto o sottovalutare il numero di droni coinvolti.

In precedenza alcuni media, citando il coordinatore del gruppo della Duma per i contatti con il Parlamento siriano Dmitry Sablin, avevano rivelato che 31 droni, e non 13 come detto, sono stati coinvolti nell’attacco alla base aerea russa di Hmeimim, a Latakia, ed al centro logistico della Marina militare nel porto di Tartus. “Nell’attacco sono stati utilizzati 13 droni ad ala fissa, dieci nel tentativo di colpire Hmeymim e altri tre contro Tartus.

Gli attacchi non hanno provocato danni o vittime: 7 droni sono stati eliminati dai sistemi di difesa aerea Pantsir-S1 e 6 sono stsari intercettati dalle contromisure radio elettroniche che ne hanno disturbato i sistemi di guida.

L’11 gennaio lo Stato Maggiore russo citato dalla Tass ha fatto sapere che l’esplosivo imbarcato sui droni che hanno attaccato le basi militari russe in Siria “non può essere fabbricato in modo artigianale e proviene dall’Ucraina”. Le tecniche per assemblare quel tipo di velivoli richiedono inoltre “una conoscenza speciale ed esperienza”, prosegue lo Stato Maggiore nella sua analisi dell’attacco. Inoltre i dati raccolti dai droni e decifrati dagli esperti russi mostrerebbero che i velivoli sono partiti “dallo stesso luogo” e avevano nei loro sistemi coordinate “più precise” di quelle ottenibili di norma.

“Solo un Paese ha le capacità tecnologiche per fornire sistemi di navigazione satellitare e controllo remoto a droni in grado di operare da una distanza superiore ai 50 chilometri” come quelli usati da terroristi che nella notte fra il 5 e il 6 hanno cercato di colpire le basi russe, ha denunciato il ministero della Difesa russo, citato dall’agenzia Interfax senza citare il paese esplicitamente.


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Messaggio da Phant » 30 gennaio 2018, 2:08

Analisidifesa.it ha scritto:
Aerei antiguerriglia AT-802 egiziani contro l’IS in Sinai

Immagini satellitari diffuse dalla società DigitalGlobe imagery hanno mostrato la presenza di aerei anti-guerriglia Air Tractor AT-802 nella base aerea egiziana di Bir Gifgafah come riportato da Jane’s Defence Weekly.

Si tratterebbe di almeno una dozzina di velivoli nella versione Border Patrol Aircraft (BPA) donati nel 2015 all’Egitto dagli Emirati Arabi Uniti per aiutare le forze del Cairo a combattere lo Stato Islamico in Sinai ma finora mai visti in azione.

Air Tractor aveva venduto agli Emirati 24 velivoli di questo tipo, 10 Block 1 AT-802U nel 2010/2011 e 14 Block 2, in grado di imbarcare carichi bellici più pesanti, nel 2012. Velivoli poi ceduti a Egitto, Giordania e Yemen e rimpiazzati nei ranghi delle forze aeree emiratine da 24 Iomax Archangel Block 2 Border Patrol Aircraft (BPA) consegnati tra il 2015 e il 2017.

Questi velivoli sono impiegati in Cirenaica dai contractors della PMC statunitense Academy che opera per conto degli Emirati Arabi Uniti in appoggio alle truppe del generale Khalifa Haftar ma Abu Dhabi li impiega anche nello Yemen con compiti di sorveglianza, intelligence e attacco leggero.

Nel 2017 l’Egitto ha aperto le trattative con Iomax per l’aggiornamento e il supporto ai 12 AT-802 ricevuti dagli Emirati e per l’acquisto di 12 Archangel BPA.

Gli AT 802 egiziani sono sati sviluppati congiuntamente da L-3 e Air Tractor con corazze protettive per motore ed abitacolo, una capacità di carico bellico di 3,6 tonnellate e 11 punti di attacco per armi quali i missili Hellfire, bombe Mk82, razzi M260 e cannoni a tiro rapido GAU-19.

Sui campi di battaglia del Sinai intanto lo Stato Islamico sembra registrare defezioni secondo fonti citate da Difesa&Sicurezza. Elementi dell’IS nella Penisola del Sinai hanno giustiziato un miliziano di origine russa ad Arish, dopo che questo ha cercato di fuggire insieme ad altri 6 jihadisti.

Un episodio non isolato poiché nello scorso mese e mezzo sarebbero scappati dalla stessa zona altri 40 terroristi, per lo più foreign fighters che non conoscevano il territorio e che sono stati in seguito catturati dai loro ex compagni che li hanno torturati e poi giustiziati.

I funzionari di polizia egiziani del Direttorato della Sicurezza dell’Est sono riusciti a bloccare un’operazione di contrabbando di armi e munizioni per l’IS ad el-Arish. Il carico era arrivato ad Ismailia attraverso il canale di Suez.

In tutto c’erano 107 fucili d’assalto, 3 fucili di precisione e 256 pistole. I militari del Cairo hanno arrestato oltre 100 persone nelle regioni di Arish e Chekka sospettate di avere legami con lo Stato Islamico.


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Re: Intervento aereo contro ISIS (Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Filippine)

Messaggio da Aviators » 8 febbraio 2018, 0:38

Analisi Difesa ha scritto: Siria: abbattuto un Su-25 russo, il pilota non si fa prendere vivo

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Tragico destino quello del maggiore pilota delle Forze Aerospaziali russe Roman Filipov, abbattuto il 3 febbraio in azione sui cieli della travagliata provincia siriana nord-occidentale di Idlib, riuscito a mettersi in salvo eiettandosi ma che ha preferito morire facendosi saltare in aria con una granata, forse uccidendo alcuni miliziani, piuttosto che farsi catturare vivo dai quaedisti del gruppo Hayat Tahrir al-Sham di cui fa parte anche l’ex Fronte al-Nusra.

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La notizia, inizialmente trapelata attraverso l’ong Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus), è stata poi confermata anche dal ministero della Difesa di Mosca, che tuttavia non si è pronunciato su quale fine abbia incontrato il pilota. Il suo Sukhoi Su-25, a quanto si è appreso, è stato colpito da un missile antiaereo spalleggiabile.
Il gruppo jihadista ha rivendicato l’abbattimento e il comandante, Mahmoud al-Turkmani, sostiene che i suoi uomini hanno creato una brigata di difesa aerea dopo il “barbarico bombardamento di Saraqib” e minaccia di abbattere altri aerei russi “per vendetta”.
Mosca intende recuperare il cadavere del pilota la cui sorte è stata in parte documentata da un video girato dai miliziani jihadisti e pubblicato per la prima volta sul canale YouTube in lingua araba IDLIB+ che mostra miliziani armati che si muovono verso la posizione del pilota.

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L’ambientazione – una grande roccia circondata da alberi brulli e terra brunastra – sembra corrispondere a quella di un precedente video che mostrava i miliziani che festeggiavano con il cadavere del pilota.
Quando gli uomini armati stanno ormai per circondare il pilota si sente la voce di un uomo che urla in russo “Questo è per i nostri ragazzi!”. Segue un botto e una colonna di fumo da dietro la roccia.
Non è chiaro se alcuni miliziani siano rimasti uccisi o feriti nell’esplosione della granata.
Il ministero della Difesa russo ha confermato che Filipov si è fatto saltare in aria con una granata pur di evitare la cattura da parte dei terroristi ed ha ottenuto l’onorificenza alla memoria di Eroe della Russia.
“Possiamo sicuramente dire che siamo molto preoccupati per il fatto che i terroristi posseggono sistemi di difesa aerea portatili e rappresentano un grave pericolo per tutti i paesi” ha detto il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov citato dalle agenzie.

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Messaggio da Phant » 10 febbraio 2018, 17:14

Analisidifesa.it ha scritto:
Siria: ancora raid statunitensi sulle truppe di Assad

Il raid aereo statunitense che ieri ha colpito le forze paramilitari siriane riapre inevitabilmente il dibattito sull’ambiguo ruolo di Washington in un intervento militare che doveva essere orientato a colpire lo Staro Islamico e sugli interessi che i diversi protagonisti di quella crisi hanno in ballo in Siria.

Le “forze popolari” di Damasco, cioè le unità paramilitari governative, sono state attaccate dal cielo dopo che avevano cercavano di strappare alle milizie curde delle Forze Democratiche Siriane (FDS) il controllo di un’area estrattiva petrolifera nella provincia di Deir Ezzor, recentemente liberata dalla presenza dello Stato Islamico dalle offensive contemporanee ma non certo coordinate tra loro di Damasco e delle SFDS.

Non è certo la prima volta che i jet americani colpiscono per rappresaglia le truppe siriane o le ile milizie scite loro alleate e raid del genere erano avvenuti nell’ultimo anno in più occasioni.

Lungo i confini giordani gli americani hanno cercato di proteggere milizie ribelli anti-Assad dall’inarrestabile avanzata dei governativi, nel nord i raid aerei di Washington hanno imposto alle truppe di Damasco di non avvicinarsi a Raqqa, capitale dello Stato Islamico poi liberata dalle FDS mentre a Deir Ezzor droni e caccia a stelle e strisce hanno persino appoggiato dall’aria un’offensiva dell’IS tesa a conquistare il locale aeroporto. Anche in quel caso i morti tra i soldati siriani furono un centinaio e il comando della Coalizione a guida Usa si giustificò riferendo di un errore nella localizzazione dei bersagli.

Il regime di Damasco e soprattutto le forze russe in Siria hanno più volte accusato Washington di violare il diritto internazionale schierando illegalmente truppe sul suolo siriano e dimostrando anche in più occasioni le sinergie e cooperazione tra le forze statunitensi e dello Stato Islamico.

L’attacco di ieri conferma quindi un copione già noto ma si colloca in una fase molto delicata del conflitto siriano in cui la sconfitta dello Stato Islamico vede i protagonisti di quella guerra impegnati a consolidare le proprie posizioni. Le forze di Assad stanno cercando di chiudere il conto con i ribelli jihadisti che hanno rifiutato il dialogo mediato da Mosca e Teheran con un’offensiva che vede coinvolti anche i jet russi, uno dei quali abbattuto il 3 febbraio con il pilota, maggiore Roman Filipov, lanciatosi col paracadute e poi fattosi esplodere per non essere preso vivo dalle milizie qaediste.

Contemporaneamente i turchi hanno in atto la grande offensiva sui territori curdi di confine: ad Afrin hanno già ucciso un migliaio di combattenti curdi e si apprestano a colpire anche le zone dove le FDS sono affiancate dai militari statunitensi come a Mambji.

L’offensiva vede i soldati di Ankara affiancati sul campo da milizie dell’Esercito siriano libero, organizzato nel 2012 proprio dai turchi per combattere Assad e oggi rivelatosi in grado di offrire utile carne da cannone alla guerra turca contro i curdi.

Nulla di sorprendente in un conflitto non certo privo di aspetti paradossali se si considera che negli anni scorsi Ankara aiutò lo Stato Islamico e le milizie qaediste contro Assad e i curdi che a Kobane respinsero lo Stato Islamico solo grazie all’aiuto della Coalizione a guida statunitense.

I curdi di Siria rischiano infatti di subire la stessa sorte di quelli iracheni che, una volta sconfitto il Califfato, sono stati privati da Baghdad di influenza e territori vedendo poi duramente stroncate con la minaccia delle armi le aspirazioni indipendentiste.

Una disfatta avvenuta in poche settimane senza che Usa e Coalizione muovessero un dito per aiutare i loro più fedeli alleati contro l’Isis. Aspetto quest’ultimo che spiega il disappunto e la delusione dei curdi iracheni ma che potrebbe presto allargarsi anche alla regione curda di Siria (Rojava).

L’appoggio statunitense ha permesso alle FDS di ampliare le terre siriane sotto il loro controllo andando ben oltre le zone abitate dall’etnia curda. Una “grandeur” utile a Washington, che senza schierare forze consistenti ma fornendo armi per un paio di miliardi di dollari, è riuscita a impedire ad Assad e ai suoi alleati russi e iraniani di liberare l’intero paese.

Un obiettivo strategico per un’America preoccupata oggi più dal rafforzamento russo in Medio Oriente e dell’asse scita guidato da Teheran che dalla minaccia jihadista, ma che espone i curdi siriani a dure rappresaglie da parte di Ankara e Damasco, specie dopon che è stata rifiutata l’ampia autonomia offerta da Bashar Assad in cambio della fedeltà curda al modello di una Siria unica e indivisibile.

Benchè Recep Tayyp Erdogan escluda intese con l’ex amico e poi acerrimo nemico Bashar Assad, di fatto oggi Damasco e Ankara sono impegnate contro lo stesso avversario in base a interessi coincidenti. Il governo siriano vuole riconquistare gli ampi territori della provincia petrolifera di DeirEzzor, arbitrariamente occupati da americani e curdi che li hanno strappati al Califfato già in rotta.

I turchi vogliono invece impedire che si consolidi ai loro confini uno “Stato curdo di fatto” che favorirebbe il risorgere dell’insurrezione di quell’etnia nella Turchia meridionale. Una minaccia che Ankara ha visto concretizzarsi ulteriormente dopo l’annuncio che gli Usa avrebbero addestrato un corpo di 30 mila “guardie di frontiera” curde: numero così eccessivo da nascondere solo malamente la volontà americana di trasformare le FDS (che incorporano anche milizie tribali araba) in un vero esercito del Rojava.

L’obiettivo evidente degli Usa, secondo il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, è la divisione della Siria: “gli Stati Uniti stanno corteggiando diversi gruppi della società siriana contro il governo, inclusi quelli armati, e questo porterà frutti molto pericolosi”.

La spregiudicata iniziativa statunitense potrebbe quindi far convergere contemporaneamente sulle FDS le offensive turche e siriane, senza bisogno che Ankara e Damasco appaiano alleati ma grazie al coordinamento che già oggi viene attuato dai russi. Un’ipotesi credibile anche se forse non imminente considerando le limitate forze siriane disponibili e la dura battaglia in atto in questi giorni a Idlib.

Ankara del resto è già ai ferri corti con la Casa Bianca per l’aiuto militare offerto ai curdi e anche se Washington ha confermato che la sua presenza militare in Siria non ha scadenze l’entità delle forze messe in campo dagli USA potrebbe non essere tale da scoraggiare gli attacchi siriani e turchi alle FDS. Difficile infatti al momento comprendere se gli Usa siano pronti a difendere i curdi anche al prezzo di una rottura definitiva con la Turchia e di una crisi militare con la Russia.


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Messaggio da Phant » 20 febbraio 2018, 2:44

Analisidifesa.it ha scritto:
Il bilancio (parziale) della Marina russa nel conflitto siriano

La Marina Russa ha lanciato oltre un centinaio di missili da crociera e ha effettuato circa 400 sortite durante le operazioni condotte dal settembre 2015 nel conflitto siriano.

Il dato è stato rivelato dal quotidiano legato al ministero della Difesa, Krasnaya Zvezda (Stella Rossa).

“La nostra flotta – ha detto il comandante della Marina Vladimir Korolev – ha acquisito un’esperienza inestimabile di operazioni di combattimento sul campo contro gruppi terroristici in Siria, lanciando oltre un centinaio di missili da crociera contro lo Stato Islamico conducendo più di 400 sortite dal gruppo di volo della portaerei Kuznetsov quando venne dispiegata nel Mediterraneo Orientale per attaccare 1.250 obiettivi.


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Messaggio da Phant » 22 febbraio 2018, 18:24

Theaviationist.com ha scritto:
Russia has just deployed two Su-57 stealth jets to Syria

Late on Feb. 21, a photo showing two Russian Su-57 jets allegedly landing at Khemimim air base, near Latakia, in northwestern Syria, circulated on Twitter. The two stealth combat aircraft were reportedly part of a larger package of assets deployed to the Russian airbase in Syria, that included also four Su-35S and one A-50U AEW (Airborne Early Warning) aircraft.

Interestingly, the aircraft appeared to be in “clean” configuration, that is to say they didn’t carry the large fuel tanks used for ferry flights last year.

Although the deployment of two Russian 5th generation aircraft (that has not been officially confirmed yet) came somehow unexpected, it must be noted that it’s not the first time that Moscow deployed some of its advanced “hardware” to Syria. For instance, on Sept. 13, 2017, the Russian Air Force deployed some of its MiG-29SMT multirole combat aircraft to Khemimim airbase for the first time. Previously, in February 2016, it was the turn of the still-in-development Tu-214R spyplane to exploit the air war in Syria to test its sensor packages.

As reported several times commenting the above mentioned deployments, Russia has used the Syrian Air War to showcase and test its latest weapons systems. However, most analysts agree that the deployment of the Su-57 is probably mostly meant to send a strong message about air superiority over Syria, where Russian and American planes have almost clashed quite a few times recently (with conflicting reports of the incidents).

Deploying two new stealth jet in theater is a pretty smart move for diplomatic and marketing purposes: as already explained questions continue to surround the Su-57 program as a consequence of delays, engine problems and subsequent difficult export (last year the Indian Air Force reportedly demanded an end to the joint Indo-Russian stealth fighter project). Albeit rather symbolic, the deployment of a combat aircraft (still under development) is obviously also a huge risk.

First, there’s a risk of being hit (on the ground or during a mission: the attack on Latakia airbase or the recent downing of a Su-25 are just reminders of what may happen over there) and second, there’s a risk of leaking intelligence data to the enemy.

This is what we explained in a recent article about the reasons why U.S. and Russia are shadow-boxing over Syria:

USAF Lt. Col. Pickart’s remarks about the Russians “deliberately testing or baiting us” are indicative of a force managing interactions to collect sensor, intelligence and capability “order of battle”. This intelligence is especially relevant from the current Syrian conflict as it affords both the Russians and the U.S. with the opportunity to operate their latest combat aircraft in close proximity to gauge their real-world sensor capabilities and tactical vulnerabilities, as well as learn doctrine. It is likely the incidents occurring now over Syria, and the intelligence gleaned from them, will be poured over in detail for years to come.

For instance, we have often explained how Raptors act as “electronic warfare enabled sensor-rich multi-role aircraft” over Syria, providing escort to strike packages into and out of the target area while gathering details about the enemy systems and spreading intelligence to other “networked” assets supporting the mission to improve the overall situational awareness. In fact, the F-22 pilot leverage advanced onboard sensors, as the AESA (Active Electronically Scanned Array) radar, to collect valuable details about the enemy, performing ELINT-like missions and then sharing the “picture” with attack planes, command and control assets, as well as Airborne Early Warning aircraft.

In fact, even though it’s safe to assume that the stealth prototype will not use their radar and that the Russians will escort the Su-57s with Su-30/35 Flanker derivatives during their trips over Syria in order to prevent the U.S. spyplanes from being able to “characterize” the Su-57’s signature at specific wavelengths as reportedly done by the Russians with the U.S. F-22s, it’s safe to assume the U.S. and NATO will put in place a significant effort to gather any little detail about the performance and operational capabilities of the new Russian stealth jet.

By the way, before you ask, the risk of confrontation with their U.S. stealth counterparts has not been mentioned, since it seems quite unlikely at the moment.




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Messaggio da Phant » 24 febbraio 2018, 3:44

Analisidifesa.it ha scritto:
Afrin: il nuovo fronte del conflitto siriano

Non si può ancora parlare di guerra aperta tra Turchia e Siria ma la tensione ad Afrin è alle stelle. La decisione del regime di Bashar Assad di negoziare con le Unità di protezione del popolo curdo (YPG), legate al partito curdo-siriano dell’Unità democratica (PYD), l’ingresso nell’énclave di Afrin delle forze di Damasco ha scatenato una dura reazione da parte di Ankara che da un mese attacca in quel settore le forze curde definite “terroristi” alla stregua delle milizie dello Stato Islamico.

L’arrivo delle “forze popolari ad Afrin per sostenere i suoi abitanti contro l’attacco del regime turco” era stato annunciato il 20 febbraio dalla stampa governativa siriana, aggiungendo che le truppe di Assad “si uniranno alla resistenza contro l’aggressione turca” e precisando che si tratta di “difendere l’unità territoriale e la sovranità della Siria”.

La tv al-Manar degli Hezbollah libanesi, alleati di Damasco, riferiva di “gruppi di forze popolari siriane” che cominciavano “a entrare nella regione di Afrin nel Rif settentrionale di Aleppo” mentre le immagini diffuse dalla tv libanese al-Mayadin (filo-iraniana) hanno mostrato mezzi con le bandiere siriane, con miliziani a bordo e carichi di armi, mentre entravano nell’area di Afrin.

Nello scorso fine settimana erano trapelate indiscrezioni su un accordo che sarebbe stato raggiunto tra Damasco e i miliziani curdi per il dispiegamento di unità delle forze filo-Assad ad Afrin.

La risposta turca non si è fatta attendere e colpi di mortai pesanti avrebbero bersagliato le postazioni lungo il confine occupate dalle forze di Damasco che si sarebbero ritirate a una decina di chilometri dalla frontiera. Fonti siriane hanno parlato di “fuoco contro le posizioni” mentre per i turchi si sarebbe trattato solo di “colpi di avvertimento” che avrebbero indotto le forze sirianee a ripiegare.

Oggi il giornale governativo al Watan e la tv panaraba al Mayadin hanno annunciato che altri “500 combattenti” di Damasco (a quanto sembra milizie scite filo-iraniane) sono giunti ad Afrin.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, aveva annunciato che le Forze Armate turche assedieranno la città di Afrin e la regione omonima per evitare che le forze curde possano ricevere sostegno dall’esterno e far sì che “il gruppo terroristico non abbia più l’opportunità di negoziare con nessuno”. Un chiaro messaggio rivolto a Damasco.

Il rischio che i curdi di Siria costituiscano un pretesto per scatenare un nuovo “sotto-conflitto” nell’ormai parcellizzata guerra siriana ha indotto Mosca, alleato di ferro di Assad e partner strategico della Turchia, a proporsi come mediatore per una soluzione del conflitto.

Turkish-backed Free Syrian Army fighters prepare a TOW anti-tank missile north of the city of Afrin, Syria February 18, 2018. REUTERS/Khalil Ashawi

“La Russia non vuole imporsi su nessuno. Ma se ci viene chiesto, siamo pronti a fare una buona azione per fermare il bagno di sangue e trovare denominatori comuni”, precisando che la cosa più importante per Mosca è “il rispetto dell”integrità, della sovranità e unità della Siria” aveva detto il 20 febbraio l’inviato del Cremlino per il Medio Oriente e l’Africa Mikhail Bogdanov.

“Raccomandazione” già espressa nei giorni scorsi nei confronti della presenza militare statunitense al fianco delle milizie curdo-arabe (le Forze Democratiche Siriane -FDS) e delle incursioni aeree israeliane in Siria, entrambi illegali per il diritto internazionale. Del resto è difficile ipotizzare che le forze di Assad si muovano in armi senza il via libera da Mosca e in proposito il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, si è espresso in modo chiaro.

“Abbiamo ripetutamente affermato che sosteniamo pienamente le legittime aspirazioni del popolo curdo. Riteniamo sbagliato che qualcuno approfitti delle aspirazioni del popolo curdo per i suoi giochi geopolitici che non hanno nulla a che fare con gli interessi dei curdi e della sicurezza regionale”.

L’operazione “Ramoscello d’ulivo” varata da Ankara ha finora portato a occupare 300 chilometri quadrati di territorio siriano provocando la morte di oltre 1.700 “terroristi” (secondo fonti turche) mentre i soldati turchi uccisi sono ufficialmente 32 (oltre 200 secondo i curdi) e sconosciuto è il numero di perdite subite dalle milizie filo-turche dell’Esercito Siriano Libero (ESL), “carne da cannone” per gli interessi di Ankara.

FILE - This Jan. 28, 2018 file photo, Turkish troops take control of Bursayah hill, which separates the Kurdish-held enclave of Afrin from the Turkey-controlled town of Azaz, Syria. Nearly a month into Turkey's offensive in the Syrian Kurdish enclave of Afrin, hundreds of thousands of Syrians are hiding from bombs and airstrikes in caves and basements, trapped while Turkish troops and their allies are bogged down in fierce ground battles against formidable opponents. (DHA-Depo Photos via AP, File)

Al di là degli aspetti tattici è il contesto strategico che desta le maggiori preoccupazioni, specie tenendo conto che la guerra siriana è ormai composta da diversi confronti armati in cui il contrasto allo Stato Islamico è quasi scomparso dopo la caduta di Raqqa e Deir Ezzor.

Con l’intervento a presidio del confine turco, Assad punta a riprendere il controllo di un ulteriore lembo del territorio nazionale, gestito finora in autonomia dai curdi, ma offrirebbe anche ad Ankara quelle garanzie di sicurezza della frontiera che hanno determinato il via all’operazione “Ramoscello d’ulivo” l’offensiva turca il cui nome suono quanto mai sarcastico dopo che le forze di Ankara sostengono di aver ucciso 1.715 “terroristi” occupando 300 chilometri quadrati di territorio siriano.

Il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, che ha fatto erigere un “muro” difensivo lungo tutta la frontiera, non ha mai nascosto i voler costituire una zona cuscinetto di almeno 30 chilometri nel nord della Siria per impedire ai miliziani curdi di colpire il territorio nazionale e appoggiare i combattenti curdo-turchi del Pkk.

Una pretesa che ha visto Ankara entrare in rotta di collisione con gli Stati Uniti (che schierano ufficialmente 5.800 uomini tra Iraq e Siria e in quest’ultimo paese sono al fianco delle forze curde,armate e addestrate dai consiglieri militari di Washington) che hanno risposto picche alla perentoria richiesta di Erdogan di ritirarsi dal settore di Manbji e cessare ogni il supporto ai curdi dell’Ypg.

Una crisi nei rapporti tra i due membri della Nato che neppure l’incontro dei giorni scorsi tra il segretario di Stato americano Rex Tillerson e il ministro degli esteri Mevlut Cavusoglu sembra aver dipanato.

L’apertura del nuovo fronte contro Bashar Assad complica ulteriormente la situazione per Ankara che, al di là dei proclami bellicosi di Erdogan, rischia di trovarsi sola contri tutti mettendo a repentaglio anche le intese finora raggiunte con Mosca, dall’acquisto di armi inclusi i sistemi di difesa aerea a lungo raggio S-400 agli accordi per stabilizzare la crisi siriana.

La Russia da un lato si è proposta come mediatore nella crisi nel settore di Afrin ma dall’altro ha ribadito il suo disappunto per l’offensiva turca e soprattutto, come già ricordato, la necessità di rispettare la sovranità territoriale dello Stato siriano.

Ieri Mosca ha nuovamente rinforzato la sua presenza militare in Siria inviando almeno 11 aerei nella base di Hmeymim (Latakya) tra i quali un velivoli radar A-50, 4 aerei da attacco Sukhoi Su-25, 4 cacciabombardieri Sukhoi Su-35 e, a quanto sembra, anche 2 nuovissimi Sukhoi Su-57 realizzati finora in 12 esemplari che dopo aver superato i test iniziali sono ora impegnati in quelli che riguardano l’impiego operativo e di combattimento. La Russia aveva dimezzato la presenza di aerei da combattimento a Hmeymin dopo la liberazione di Deir Ezzor.

Per Erdogan sarebbe quindi un azzardo porsi in contrasto contemporaneamente con Mosca e Washington rischiando inoltre di trovarsi pesantemente invischiato in quel conflitto siriano di cui è stato promotore fin dal 2011 (organizzando i ribelli anti-Assad), ma nel quale finora si è astenuto da interventi militari su vasta scala al di là delle zone di confine.

Il punto debole di Assad è legato al fatto che non può concentrare ampi sforzi militari ad Afrin perché le sue truppe sono già impegnate su altri fronti, in particolare nella liberazione della zona di Ghouta, nei sobborghi di Damasco (dove arabi e occidentali premono sull’ONU per instaurare una tregua che dia respiro alle forze ribelli ormai allo stremo), e della “sacca di Idlib”: gli unici settori in cui resistono, circondate, le residue milizie di al-Qaeda e di altre formazioni islamiste.

Il tentativo di rianimare le milizie islamiche anti-Assad è evidenziato anche dal leader di al Qaeda, Ayman al-Zawahiri, che ha fatto appello all’unità dei combattenti jihadisti in Siria, chiedendo ai miliziani e ai musulmani di prepararsi a una guerra “lunga decenni”.

In prospettiva quindi, il ritorno della fascia di confine sotto il controllo di Damasco converrebbe sia ad Assad che a Erdogan.

Il presidente siriano amplierebbe la già consistente porzione di territorio nazionale sotto il suo controllo e scongiurerebbe le derive indipendentiste del Kurdistan siriano (Rojava) coltivate invece da Washington che sta costituendo e armando sotto le bandiere delle FDS una forza combattente di 30mila uomini.

Erdogan incasserebbe il risultato di mettere in sicurezza il confine siriano senza dover pagare il prezzo in vite umane e denaro determinati da operazioni militari logoranti, a lungo termine e senza sbocchi vittoriosi certi, contribuendo anche a rendere più complicata la presenza militare americana al fianco dei curdi.

Possibile quindi che Ankara, dopo aver dimostrato con un nuovo esercizio muscolare che non si fa intimidire dai soldati di Assad, dia luce verde alla mediazione di Mosca che ha il triplice obiettivo di proteggere l’alleato siriano, mantenere l’intesa faticosamente raggiunta con Ankara e allargare il solco che divide gli Usa dalla Turchia, anche nell’ottica della crescente tensione tra Mosca e la Nato che va ben oltre il sempre più caotico scenario siriano.


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Re: Intervento aereo contro ISIS (Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Filippine)

Messaggio da Aviators » 24 febbraio 2018, 22:29

Analisi Difesa ha scritto: Mosca invia in Siria i nuovi Sukhoi Su-57?

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Circolavano da due giorni sul profilo Twitter del blogger Wael Al Hussaini alcuni spezzoni video e immagini relative alla presenza di un paio di caccia russi di quinta generazione Sukhoi Su-57 (PAK-FA) in volo sulla Siria. Sembra che la coppia di caccia faccia parte di un reparto aereo recentemente inviato da Mosca presso la base aerea russa di Hmeimim composta da quattro Sukhoi Su-35, quattro Sukhoi Su-25 e un aereo AEW Beriev A-50U.
Si attende una conferma ufficiale e finora il Ministero della Difesa russo non ha commentato la notizia.Non è ipotizzabile che i due velivoli possano variare gli equilibri di potere nel teatro siriano per ovvi motivi (l’aereo è infatti ancora in fase di collaudo, è privo dei motori definitivi di cui sarà dotato in futuro ed è privo delle armi specifiche che sono anch’esse in fase di sperimentazione);
Poco probabile appare inoltre la volontà di promuovere il velivolo nei confronti dell’unico paese formalmente interessato ad una sua versione biposto, ovvero l’India col progetto FGFA che si mostra tra l’altro sempre più dubbiosa in merito. Più comprensibile risulterebbe invece la decisione di inviare i caccia di quinta generazione in Siria per valutarli in un contesto operativo.
Considerando che nel conflitto siriano è stato destinato praticamente quasi ogni mezzo volante in dotazione alla Forza Aerospaziale di Mosca, all’Aviazione della Marina senza contare l’impiego dei mezzi terrestri e di difesa aerea, l’occasione potrebbe essere propizia ai costruttori russi per arrivare alla maturità progettuale del nuovo caccia Sukhoi con un collaudo operativo.
I rischi certo non mancano, come in ogni conflitto. Il Su-57 potrebbe essere infatti un “ricercato speciale” dagli insorti anche se i loro missili spalleggiabili a breve raggio dovrebbero risultare inutili contro un velivolo questo il cui impiego non prevede operazioni a bassa quota.
Probabilmente i Su-57 verranno scortato da altri velivoli russi amici, ma resta il fatto che il caccia costituirebbe un “bersaglio interessante” per le forze statunitensi e israeliane presenti in Siria zona e certo pronte a vedere da vicino il caccia russo e a registrarne dati ed emissioni elettroniche.
Del resto è chiaro che potrebbero esserci notevoli differenze tra le versioni oggi eventualmente presenti in Siria a quelle combat ready disponibili nei prossimi anni provviste di tutti gli equipaggiamenti avionici standard oggi sottoposti a collaudo.
La presenza dei Su-57 in Siria non costituisce una novità di rilievo estremamente particolare e anomala nel più ampio dispiegamento dei mezzi militari operato da Mosca. Se guardiamo alla storia, nel conflitto sovietico in Afghanistan operarono non soltanto i Su-25 appena giunti ai reparti di volo, ma persino – e in gran segreto – l’elicottero all’epoca sperimentale Kamov Ka-50.

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Re: Intervento aereo contro ISIS (Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Filippine)

Messaggio da Phant » 28 febbraio 2018, 19:34

Aeronautica.difesa.it ha scritto:
AEREI AM-X DEL TG “BLACK CATS” RAGGIUNGONO 4000 ORE DI VOLO IN TEATRO OPERATIVO

E’ stato raggiunto il 23 febbraio scorso il traguardo delle 4.000 ore di volo in Teatro Operativo per gli AM-X italiani in forza alla TFA Kuwait ed è stato celebrato con una sobria cerimonia, alla presenza del Comandante dell’Italian National Contingent Command Air (NCC Air), del personale della Task Force Air Kuwait (TFA-K) e di una rappresentanza del personale straniero della Coalizione.

Il ringraziamento Comandante

Il Comandante dell’IT NCC Air e del TFA-K ha ringraziato il personale dei Black Cats, complimentandosi per il risultato raggiunto, e ha sottolineato l’importanza del lavoro di squadra svolto da tutto il contingente italiano.
Il Comandante ha anche elogiato il proprio personale; un gruppo coeso, all'avanguardia e capace di assolvere numerosi compiti in un difficile contesto ambientale e operativo, ma allo stesso tempo consapevole di operare per una giusta causa.

Il Task Group “Black Cats”

Gli AM-X, provenienti dal 51° Stormo di Istrana (TV), costituiscono un’eccellenza del contributo italiano all’operazione nazionale “Prima Parthica” e internazionale “Inherent Resolve” rivolte al contrasto al Daesh.
Il Task Group “Black Cats”, composto principalmente da personale del 51° Stormo di Istrana e del 3° RMV di Treviso, opera in piena sinergia con tutte le componenti della TFA-K, e in particolare con l’I2MEC (Integrated Italian Multisensor Exploitation Cell) che, insieme ad altre unità PED (Processing, Exploitation e Dissemination) in Italia, svolge l’attività di analisi delle immagini riprese dai piloti con il sistema RecceLite, e fornisce i prodotti ISR (Intelligence, Surveillance and Reconnaissance) necessari alla Coalizione.

Gli aerei AM-X del Task Group “Black Cats”

Gli AM-X del Task Group Black Cats sono un assetto versatile e affidabile.
Grazie al sofisticato sistema di ricognizione aerotattica RecceLite essi hanno consentito di acquisire una rilevante quantità di immagini ad altissima risoluzione dei punti di interesse alla Coalizione.
Le tattiche, le tecniche e le procedure utilizzate in volo dai piloti dei Black Cats sono state perfezionate nel corso degli anni, permettendo di effettuare riprese di un numero sempre maggiore di punti di interesse. Questo rende di fatto l’AM-X il velivolo di ricognizione aerotattica più efficiente in termini di tempo trascorso nell’area di operazioni e di punti di interesse ripresi, grazie alla sua manovrabilità e alla versatilità di impiego del sistema RecceLite.

L’attività dell’IT NCC/Task Force Air Kuwait

L’IT NCC/Task Force Air Kuwait svolge dall’ottobre 2014 operazioni di intelligence, sorveglianza, ricognizione aerea, supporto alla guerra elettronica e di rifornimento in volo. Esso si avvale dei velivoli Predator, AM-X e Tanker (Boeing KC767) dislocati su tre basi e secondo un dispositivo complesso, ma perfettamente integrato e sinergico con le molteplici componenti della Coalizione internazionale.


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Re: Intervento aereo contro ISIS (Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Filippine)

Messaggio da Phant » 6 marzo 2018, 19:04

Aviation-report.com ha scritto:
1000 ore di volo per gli elicotteri italiani ad Erbil – Iraq

Nei giorni scorsi, dopo quasi due anni di impiego in Teatro operativo iracheno, gli UH90 dell’Esercito Italiano inquadrati nell’Airmobile Task Group (ATG) Griffon e impiegati nell’ambito all’Operazione “Inherent Resolve”, hanno superato le 1000 ore di volo operative in Iraq.

Un prestigioso traguardo per l’Airmobile “Task Group Griffon” un’unità aeromobile altamente specializzata, che fino allo scorso mese di dicembre è stato l’unico assetto, nel quadrante nord del teatro iracheno, chiamato ad assicurare, in supporto all’Operazione citata, il Personal Recovery (PR), ossia il recupero di personale rimasto isolato sul terreno.

Questa eccezionale capacità era stata raggiunta grazie alla sperimentata sinergia procedurale e addestrativa sviluppata dall’Esercito Italiano, tra componente ad ala rotante (elicottero da trasporto tattico UH90A e da esplorazione e scorta AH129D) e fanteria aeromobile del 66° Rgt. fanteria aeromobile “Trieste”.

Attualmente il dispositivo militare italiano in Iraq assolve il nuovo compito di trasporto di personale e materiali a favore dei Paesi membri della Coalizione e le 1000 ore di volo di UH90A rappresentano un importante traguardo per l’Aviazione dell’Esercito e sono il prodotto della professionalità, dell’impegno e della dedizione al lavoro degli uomini e delle donne delle Forze Armate Italiane.

L’Italia contribuisce all’Operazione “Inherent Resolve”, con compiti di contrasto al terrorismo internazionale, nell’addestramento delle Forze di Sicurezza irachene e curde (Peshmerga) oltre a garantire la sicurezza della struttura della diga di Mosul.


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Re: Intervento aereo contro ISIS (Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Filippine)

Messaggio da Phant » 5 aprile 2018, 19:33

Analisidifesa.it ha scritto:
Volano in Siria i Mil Mi-8MTPR-1 dotati di jammer Richag-AV

E’ apparsa su Twitter la foto di un elicottero militare russo Mil Mi-8MTPR-1 di stanza per la prima volta in Siria equipaggiato con il sistema di guerra elettronica radio Rychag-AV. A riportare la notizia è il quotidiano russo Rossiyskaya Gazeta.

Il sistema Richag-AV è un rivoluzionario jammer sviluppato dalla Concern Radio-Electronic Technologies (KRET) e progettato per l’integrazione su velivoli ad ala rotante, navi e altre piattaforme militari come aeroplani e veicoli terrestri. Questo nuovo sistema è in pratica il successore del sistema di disturbo Smalta sviluppato negli anni ’70, che aveva un’autonomia effettiva di 100 chilometri.

Il Richag-AV (video) invece è progettato per bloccare radar, sonar e altri sistemi di rilevamento allo scopo di difendere aerei, elicotteri, droni, forze terrestri e navali contro i sistemi di difesa aria-aria e terra-aria entro un raggio di 400 chilometri.

Il sistema utilizza un complesso di antenne array multi-beam dotate di tecnologia FDRFM (Digital Radio Frequency Memory) in grado di bloccare qualsiasi sistema di armi basato sulla radiofrequenza. Un database di bordo consente di determinare rapidamente il tipo di radar individuato al fine di trovare il modo più efficace per bloccarlo.

Per la cronaca, la KRET ha consegnato il primo lotto di tre Richag-AV montati su elicotteri Mi-8MTPR1 delle Forze Armate russe il 4 marzo 2015. Altri 18 sistemi sono stati poi ufficialmente consegnati entro la fine del 2016 per un costo totale di 11,5 miliardi di rubli (pari a 186 milioni di dollari).

Il quotidiano russo Rossiyskaya Gazeta ha citato esperti militari i quali hanno affermato che i jammer Rychag-AV hanno contribuito significativamente a ridurre l’efficacia degli attacchi aerei statunitensi sulla base aerea Ash Sha’irat in Siria nell’aprile 2017: solo 23 missili da crociera Tomahawk avrebbero colpito gli obiettivi, mentre i restanti 36 sarebbero volati fuori rotta.


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Re: Intervento aereo contro ISIS (Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Filippine)

Messaggio da Phant » 14 aprile 2018, 12:56

Analisidifesa.it ha scritto:
Stati Uniti, Francia e Regno Unito hanno attaccato obiettivi militari in Siria

Solo poche ore fa Analisi Difesa aveva titolato che l’ipotesi di una “cauta escalation” in Siria era la più probabile dopo le dichiarazioni roboanti di Trump e Macron dei giorni scorsi contro il regime di Assad e i suoi alleati Russia e Iran . L’attacco di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia contro la Siria per punire l’uso di armi chimiche contro i civili da parte di Assad (ancora tutto da provare) è infatti scattato questa notte intorno alle 4 e, come previsto, ha avuto un valore soprattutto simbolico.

Donald Trump in diretta tv ha annunciato l’attacco sottolineando la necessità di agire contro i crimini e la barbarie perpetrati dal regime di Bashar al Assad in contemporanea con il lancio dei missili Tomahawk .

“La linea rossa fissata dalla Francia nel maggio del 2017 è stata superata. Quindi ho ordinato alle forze armate francesi di intervenire questa notte, nell’ambito di un’operazione internazionale congiunta con gli Stati Uniti d’America e il Regno Unito e diretta contro arsenali chimici clandestini del regime siriano” ha dichiarato il presidente francese, Emmanuel Macron, twittando la foto del momento in cui ha ordinato l’attacco.

“Non c”erano alternative praticabili all’uso della forza per degradare e dissuadere dal ricorso alle armi chimiche il regime siriano” ha detto il premier britannico Theresa May aggiungendo che “non stiamo intervenendo nella guerra civile, non si tratta del cambio di regime”, ha precisato la May, che ha descritto i raid come “un attacco limitato e mirato”.

Le operazioni

Il Pentagono ha riferito del lancio di 120 missili, Mosca parla di “oltre 100” lanciati contro obiettivi militari e civili in Siria da navi e velivoli statunitensi, britanniche e francesi”. Il ministero della Difesa russo aveva già precisato che nessuno missile è entrato all’interno delle “bolle” protette dalle difese aeree russe che sono situate intorno alle basi di Hmeymin e Tartus. Sempre secondo Mosca la difesa aerea siriana ha intercettato tutti i 12 missili cruise che erano stati lanciati contro l’aeroporto militare di Dumayr.

I russi sostengono inoltre di non aver attivato i loro sistemi di difesa aerea dislocati in Siria precisando che i raid di Usa, Gran Bretagna e Francia “sono stati contrastati unicamente dai sistemi antimissilistici siriani recentemente ammodernati da Mosca) S-125, S-200, Buk e Kvadrat”.

Secondo lo Stato maggiore siriano la difesa aerea è riuscita ad abbattere la maggior parte dei 110 missili lanciati anche se in precedenza fonti del regime di Damasco avevano riferito alla Reuters che contro la Siria “sono stati lanciati circa 30 missili, un terzo dei quali sono stati abbattuti”.

Gli attaccanti avrebbero lanciato i missili da crociera Tomahawk dal cacciatorpediniere USS Cook, classe Arleigh Burke, presente nel Mediterraneo Orientale con un paio di sottomarini classe Ohio modificato (lo USS Georgia) e classe Virginia (USS Warne), mentre missili da crociera JASSM ER sarebbero stati impiegati dai bombardieri B-1 basati a al-Udeid, in Qatar.

La Francia ha impiegato i missili Scalp Naval della fregata Aquitaine e missili da crociera Scalp lancisti da velivoli Rafale decollati dalla Francia mentre Londra ha messo in campo i missili da crociera Storm Shadow lanciati contro obiettivi nell’area di Homs da 4 Tornado della RAF schierati nella base cipriota di Akrotiri.

Tre gli obiettivi specifici ai quali ha mirato l’attacco sferrato dagli Usa alle 21 ora di Washington, tutti associati con il potenziale chimiche siriano, riferisce la Cnn citando fonti della Difesa Usa. Bersagliati a Damasco il centro per gli studi scientifici, due siti di stoccaggio per armi chimiche nell’area di Homs, un vicino posto di comando e fiorse anchje la base aerea di Dumayr.

Soprattutto il secondo obiettivo suscita perplessità. Possibile che il deposito di armi chimiche fisse vuoto e del resto gli stessi americani annunciarono nel 2014 che il regime di Assad aveva consegnato tutte le armi chimiche a sua disposizione. In caso contrario risulta incredibile che sia stato attaccato un deposito di armi del genere col rischio di disperderle nell’ambiente provocando un numero imprevedibile di vittime.

Un attacco dal valore simbolico quindi, come quello dell’aprile dello scorso anno scontro la base aerea di Shayrat (59 missili Tomahawk lanciati dal mare). Anche oggi la Russia è stata avvertita in anticipo dell’attacco imminente, come ha reso noto il ministro della difesa francese, Florence Parly.

Dettaglio che sembra confermare le notizie diffuse ieri di fitti scambi di comunicazioni tra il la Coalizione a guida Usa e il comando russo in Siria ma non confermato dopo il blitz dal capo di Stato maggiore delle forze armate americane, generale Joseph Dunford, il quale sostiene che Washington non ha avvertito in anticipo il governo russo degli attacchi, né ha comunicato gli obiettivi nel mirino.

Rispondendo a una domanda specifica, nel corso di una conferenza stampa a Downing Street,anche il premier britannico Theresa May ha negato che vi siano stati contatti preventivi con Mosca sull’attacco di stanotte, almeno da parte del suo Paese:

Le prime notizie sulle vittime siriane, a quanto sembra per ora limitate a una decina di feriti, inducono a ritenere che si sua trattato di una “ammuina” con cui i leader anglo-franco-americani hanno tentato di salvare la faccia dopo essersi esposti promettendo rappresaglie contro il regime di Damasco per un impiego di armi chimiche ancora tutto da provare.

Fonti russe a Douma riferiscono si sia trattato di una montatura organizzata con un vero set cinematografico dietro cui si nasconderebbe l’iniziativa dei servizi segreti di Londra. Parigi sostiene invece di avere prove delle responsabilità di Damasco ma non le ha mostrate mentre lo stesso segretario alla Difesa aveva ammesso ieri di non disporre di prove concrete per accusare Assad e che gli elementi disponibili erano stati raccolti sui social media.

Proprio oggi gli esperti dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) raggiungeranno Douma e inizieranno a effettuare rilievi, il fatto che il blitz degli alleati sia scattato poche ore prima dell’arrivo dei tecnici e, non dopo il rapporto dell’Opac, sembra confermare l’assenza di “pistole fumanti” concrete nelle mani degli occidentali.

Le reazioni

“Ci può essere solo una valutazione politica: questa è una flagrante violazione del diritto internazionale e un attacco contro uno stato sovrano senza alcuna ragione adeguata” ha detto Konstantin Kosachev, presidente della commissione Affari Internazionali del Senato russo. “Con un alto grado di probabilità, questo è un tentativo di creare difficoltà per la missione Opac, che sta iniziando il suo lavoro a Duma, o di farla saltare del tutto” ha aggiunto alla Tass.

“Per ora è un attacco una tantum che ritengo abbia inviato un messaggio molto forte” al presidente siriano Bashar al Assad, tale da dissuaderlo rispetto all’utilizzo di armi chimiche”, ha detto il Segretario alla Difesa James Mattis. Il generale Usa ha avvertito tuttavia che se Assad decidesse di utilizzare ancora una volta il gas, le nazioni che hanno firmato la Convenzione contro la armi chimiche avranno tutto il diritto di intervenire.

L’attacco contro la Siria di Usa, Francia e Gran Bretagna è stata “operazione legittima, proporzionata e mirata” ha sostenuto il ministro degli esteri francese Jean-Yves Le Drian, poiché l’uso delle armi chimiche “viola il diritto internazionale ed è inaccettabile”

Il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha dato il suo sostegno al bombardamento dei Stati Uniti, Francia e Regno Unito contro la Siria in risposta ai presunti attacchi chimici da parte del regime di Bashar al Assad. “Sostengo le azioni intraprese dagli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia: questo consentirà di ridurre la capacità del regime di riattaccare il popolo della Siria con armi chimiche”, ha detto Stoltenberg in una dichiarazione. Ankara ha definito i raid alleati “adeguati”, mentre per il governo israeliano sono “giustificati”.

La prima risposta di Mosca, stretta alleata di Damasco, è arrivata dopo l’annuncio della fine della prima ondata di raid e di bombardamenti: “Le azioni degli Usa e dei loro alleati non resteranno senza conseguenze”, ha detto l’ambasciatore russo a Washington Anatoly Antonov.

La prima reazione di Damasco è tesa a sminuire i risultati dell’operazione degli Usa e dei suoi alleati: se i raid sono finiti qui, hanno affermato fonti del governo di Damasco, i danni sono limitati.

L’Iran avverte che ci saranno “conseguenze regionali” dopo i raid condotti da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna contro obiettivi del regime di Damasco, raid che condanna “fortemente”. Secondo quanto si legge sul canale Telegram del portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, “gli Stati Uniti ed i loro alleati, senza alcuna prova e prima anche di una presa di posizione dell”Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac), hanno condotto questa operazione militare contro la Siria e sono responsabili delle conseguenze regionali di questa azione avventurista”.


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