Gli F-35 italiani

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Re: Gli F-35 italiani

Messaggio da Aviators » 11 novembre 2015, 23:29

Analisi Difesa ha scritto: PRIMO VOLO DI DUE PILOTI ITALIANI SULL’F-35

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Il 5 novembre due piloti italiani hanno completato il primo volo di addestramento con l’F-35 Lightning II alla base USAF di Luke, effettuando i primi voli di aerei F-35 sotto il controllo di un pilota italiano.
Le attività svolte rappresentano un altro passo avanti per il programma F-35 e sono testimonianza del livello di cooperazione con cui sono condotte le operazioni alla base di Luke. In dettaglio, un pilota italiano ha volato su un F-35 australiano coadiuvato da terra da un istruttore dell’Air Force Reserve americana.
Il team per la manutenzione era composto da personale di Lockheed Martin e da un ufficiale di collegamento australiano. Infine, due piloti istruttori del 61° Fighter Squadron hanno volato con gli italiani guidandoli durante il loro primo volo.

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“È stato un gran giorno per il 61° Squadron, per la base di Luke e per il programma F-35”, ha commentato il Colonnello Michael Gette, comandante del 61° Fighter Squadron.
“Ogni singolo aspetto delle operazioni condotte oggi è stato frutto di uno sforzo multinazionale. Questa giornata è stata un grande esempio del lavoro di cooperazione portato avanti dalle nazioni partner per realizzare il programma e ha dimostrato che la base di Luke sta diventando un hub internazionale per l’addestramento sugli F-35.”
Il carattere di cooperazione internazionale è stato messo in evidenza anche dal primo volo effettuato da due piloti americani, uno guidato da un istruttore americano, l’altro da un istruttore australiano.
“Parlando dal punto di vista del partner australiano, posso dire che è bello contribuire all’addestramento degli equipaggi dell’F-35”, ha commentato il Capo Squadra Nathan Draper, Maintenance Liaison Officer della RAAF.
“Vedere un pilota istruttore americano volare a fianco di un caccia australiano, pilotato da un italiano al suo primo volo, dà una bella visione del programma nella sua fase di realizzazione. È un giorno importante per l’F-35 e per il nostro team”.

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I due piloti italiani avevano cominciato il loro addestramento sotto la supervisione del 56° Training Squadron lo scorso 21 settembre, con 90 giorni di lezioni e attività con il simulatore prima di salire sull’aereo.
“I nuovi piloti saranno formati in un ambiente in cui si impara a lavorare con le altre nazioni, sia da un punto di vista pratico che tattico”, ha commentato uno dei due piloti italiani.
“I piloti che si formeranno con questo corso saranno in grado di volare su diverse piattaforme, con un’integrazione perfetta”.
Tornati in Italia i piloti italiani contribuiranno allo sviluppo dei programmi di addestramento delle forze aeree nazionali e apriranno la strada alla nuova generazione di piloti dell’F-35.

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Re: Gli F-35 italiani

Messaggio da Phant » 5 dicembre 2015, 2:56

Theaviationist.com ha scritto:
The Italian Air Force welcomes the first F-35A delivered outside the U.S.

On Dec. 3, Lt. Gen. Pasquale Preziosa, Chief of the Italian Air Force, welcomed the first Italian F-35A at the F-35 Final Assembly and Check Out (FACO) facility at Cameri, in northwestern Italy.

Not only is the AL-1 (as the aircraft is designated) the first F-35 for the Italian armed forces but it is also the first assembled and delivered outside the U.S.

With the delivery of its first aircraft, Italy becomes the sixth nation to receive an F-35 joining Australia, Netherlands, Norway, United Kingdom and the U.S. that already operate the aircraft at various airbase across the United States.

The aircraft for the Italian Air Force, that made its very first flight from Cameri airbase on Sept. 7, it’s the first of eight aircraft currently being assembled at the Italian FACO that will assemble all the remaining F-35A and F-35B for the Italian Air Force and Navy, and build F-35A for the Royal Netherlands Air Force.

AL-1 will be delivered to Luke Air Force Base, Arizona, in 2016 (with the support of an Italian Air Force KC-767 tanker, the first international tanker to refuel the JSF) where Italy’s first two pilots have recently begun F-35 flight training..

Italy is a Tier II partner in the F-35 program. So far, the Government has invested 3.5 billion USD in the program with an industrial return, in terms of contracts signed, that amounts to +1 billion USD.

That said, industrial participation in the program includes Alenia Aeronautica supplying wing sets (about 75% of Italy’s participation in the program) and other companies of the Finmeccanica group supplying work on some of those quite critical systems, including the EOTS (Electro-Optical Targeting System).

Despite the cuts, the program has attracted a significant chunk of Italy’s defense budget: for this reason the F-35 surely the most famous defense program in Italy. And the most controversial. So much so that it has become a very “sensitive” subject.

A large part of the public opinion, as well as many Italian lawmakers are against it, because they believe that the about 13 billion Euro for the F-35 and no significant industrial gains can’t co-exist with the country’s fragile public finances. However, as a consequence of the cuts (from 131 to 90 examples, with the “promise” to consider more cuts if needed), the assignment of the European FACO to Cameri, and a significant investment already done (Rome remains the second largest contributing partner after the UK) the Italian Government has been able to save the F-35 and ensure the Italian Air Force its 5th generation aircraft to replace the ageing (and for this reason costly) AMX and Tornado fleets, and the Navy its F-35Bs to replace the AV-8B+ Harrier jump jets.


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Re: Gli F-35 italiani

Messaggio da Aviators » 6 dicembre 2015, 14:26

Difesa Online ha scritto: CONSEGNATO IL PRIMO JSF ASSEMBLATO IN ITALIA

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Alla consegna del primo velivolo F35 interamente assemblato in Italia hanno preso parte esponenti militari e del mondo industriale provenienti da diversi paesi, quali Stati Uniti, Regno Unito, Paesi Bassi, Canada, Turchia, Australia, Germania, Norvegia.

La cerimonia ha confermato l’importanza dello stabilimento di Cameri - Final Assembly and Check Out (FACO) - quale polo industriale di un comparto produttivo ad alta tecnologia.

Lo stabilimento di Cameri è stato concepito fin dall'inizio per ospitare sia le attività di produzione (FACO) sia quelle di manutenzione, riparazione, revisione e aggiornamento (MRO&U-Maintenance Repair Overhaul & Upgrade) del velivolo JSF. Nel dicembre 2014 l'Italia è stata scelta per essere polo di manutenzione dei velivoli schierati in Europa sia di quelli acquistati dai paesi europei sia quelli USA operanti in Europa.

L’aereo, tecnologicamente avanzato, è un velivolo di 5^ generazione, consentirà di ridurre le linee degli aeroplani attualmente in servizio e, per caratteristiche e sistemi in dotazione, sarà un moltiplicatore della capacità di intelligence nazionale. Alla manifestazione di consegna era presente il capo dello stato maggiore dell’Aeronautica generale Pasquale Preziosa.

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Re: Gli F-35 italiani

Messaggio da Aviators » 21 dicembre 2015, 18:18

Difesa Online ha scritto: ABILITATI A LUKE, DOPO UN CORSO DI CIRCA 3 MESI, I PRIMI PILOTI ITALIANI DI F35

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Il maggiore Gianmarco Di Loreto e il capitano Marco Mangini, piloti dell'Aeronautica Militare, hanno terminato il 16 dicembre 2015 il corso di transizione sul velivolo F35. Il corso era iniziato il 15 settembre.

Essi sono stati i primi piloti italiani ad abilitarsi sul velivolo in parola.

Il corso, denominato TX1B, si è svolto presso la Air Force Base di Luke in Arizona ed è stato suddiviso in due fasi: la ground school si è svolta presso l'Academic Training Center (ATC) dove sono stati effettuate lezioni frontali e simulatori mentre i voli si sono svolti presso il 61° Fighter Squadron (61FS) su velivoli monoposto delle nazioni partner.

Un modulo del corso (water survival) è stato svolto nell'Air Force Base di Eglin in Florida.

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Re: Gli F-35 italiani

Messaggio da Aviators » 13 gennaio 2016, 20:43

Difesa Online ha scritto: AVIOGEI CONSEGNA L’EQUIPAGGIAMENTO PER L’F-35 LIGHTNING II

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Aviogei, con sede ad Aprilia (Latina), ha consegnato la prima gru semovente (crane) per il sollevamento e la manutenzione destinata all’F-35 Lightning II. Il crane sarà utilizzato per rimuovere e installare componenti del velivolo durante le operazioni di manutenzione in mare e a terra, garantendo la piena operatività dell’F-35.

Aviogei è stata scelta da Lockheed Martin per la progettazione e la produzione delle gru per il sollevamento sulla base di una selezione basata su eccellenza produttiva e best value. Altri 54 fornitori da tutta Italia contribuiscono parti e materiali per il crane.

L’heavyweight crane per l’F-35 è in grado di sollevare più di 4.500 chili, all’incirca il peso di cinque automobili. Le gru saranno utilizzate a bordo delle portaerei per il trasporto del motore dell’F-35B per effettuare riparazioni in mare. Il crane è anche in grado di alzare i fan di sollevamento dell’F-35B sopra il velivolo per la loro rimozione e installazione in uno spazio ristretto.

“La produzione del programma F-35 sta accelerando, e l’industria italiana ha un ruolo chiave nella realizzazione delle capacità tecnologiche avanzate di questo aereo” ha dichiarato Mary Ann Horter, vice president per il Sustainment Support dell’F-35 in Lockheed Martin. “Il lavoro svolto da Aviogei e da tutte le aziende coinvolte nel programma in Italia è di fondamentale importanza per garantire la piena operatività di tutte le Forze Armate che utilizzeranno l’F-35”.

“Il crane dell’F-35 è il risultato di una straordinaria partnership industriale”, ha commentato Franco Cesarini, CEO di Aviogei. “Il nostro team sta lavorando unito per produrre l’attrezzatura necessaria perché l’F-35 possa operare in tutto il mondo e il nostro business sta crescendo di conseguenza.”

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Re: Gli F-35 italiani

Messaggio da Aviators » 24 gennaio 2016, 11:55

Difesa Online ha scritto: DECOLLA IL PRIMO VELIVOLO CON LE ALI PRODOTTE DA FINMECCANICA

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Il 15 gennaio il primo cassone alare per l’F-35A prodotto dall’italiana Finmeccanica presso la FACO (Final Assembly & Check-Out) di Cameri ha effettuato il primo volo con il velivolo AF-88 dell’US Air Force a Fort Worth in Texas.

Il velivolo AF-88, il 156° prodotto fino ad oggi, ha effettuato il suo primo volo di controllo operato da Lockheed Martin. Successivamente saranno i piloti della Defense Contract Management Agency (DCMA) a effettuare un volo di controllo prima dell’accettazione e della consegna del velivolo alla base aerea di Nellis per la sessione di operational test and evaluation.

Il lavoro contrattualizzato da Finmeccanica, co-fornitore strategico per i cassoni alari dell’F-35A, è uno dei progetti di più ampio respiro per il programma F-35 in Italia che prevede la produzione di 835 cassoni alari completi.

“L’industria italiana ha avuto un ruolo determinante nello sviluppo del velivolo sin dall’inizio del programma. Componenti e parti prodotte in Italia sono montate su ogni singolo F-35 che è stato prodotto,” ha commentato Jack Crisler, vice presidente di Lockheed Martin Aeronautics Business Development. “L’industria italiana darà il suo contributo al programma F-35 per più di 30 anni con la produzione di componenti, l’assemblaggio del velivolo, la sostituzione di parti e l’attività di manutenzione”.

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Re: Gli F-35 italiani

Messaggio da Phant » 7 febbraio 2016, 19:10

Theaviationist.com ha scritto:
The Italian Air Force has successfully accomplished the F-35’s first transatlantic crossing

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On Feb. 5, the first Italian Air Force F-35, the first JSF built outside the U.S., landed at Naval Air Station Patuxent River, Mariland, at the end of a 7-hour transatlantic flight from Lajes Air Base, in Portugal.

The aircraft, dubbed AL-1 and serialled MM7332 departed from Cameri on Feb. 3 and was scheduled to land in the U.S. on the following day but the trip was delayed due to strong winds over the Atlantic Ocean.

The aircraft was piloted by one of the two ItAF pilots who successfully completed the training at Luke AFB last year.

The aircraft arrived at Pax River, where it will be involved in testing activities before moving to Luke Air Force Base, was accompanied by two KC-767 tankers, two C-130Js for logistical and SAR support, and one two-seater Eurofighter Typhoon acting as chase plane. One of F-2000B remained at Lajes as spare, and will wait until all return from the States within a couple of days (except for the JSF).



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Re: Gli F-35 italiani

Messaggio da Aviators » 8 febbraio 2016, 21:50

Analisi Difesa ha scritto: Il primo F-35 italiano attravesa l’Atlantico

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Trasvolata atlamtica per il primo F-35 italiano realizzata il 4 febbraio scorso per raggiungere la base di Patuxent River (Maryland) dall’aeroporto militare di Cameri sede dello stabilimento di assemblaggio e manutenzione (FACO) del velivolo. Nella base statunitense l’F-35 effettuerà test chiamati “electromagnetic environmental effects” (E3) che studiano l’impatto degli eventi elettromagnetici (naturali o indotti) sul velivolo e sui suoi apparati di bordo. Al termine dei test l’aereo italiano raggiungerà la base di Luke (Arizona) dove vengono addestrati i futuri piloti degli F-35.

La trasvolata oceanica, la prima effettuata da un F-35 assemblato al di fuori degli Stati Uniti, ha visto il velivolo con le insegne del 32° stormo di Amendola volare da Cameri a Patuxent River facendo scalo alla base aerea di Lajes (Isole Azzorre) e rifornendosi in volo da due tanker KC-767A dell’Aeronautica Militare che hanno effettuato sette rifornimenti: 3 tra Cameri e Lajes e 4 nel volo tra le Azzorre e gli Stati Uniti.

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L’Aeronautica ha messo in campo anche 2 C-130J e un caccia Eurofighter Typhoon che hanno accompagnato l’F-35 fino alla meta.

Lockheed Martin e Defense News hanno rivelato anche il nome del pilota, il maggiore Gianmarco “Ninja” Di Loreto, in forza al Reparto Sperimentale di Volo di Pratica di Mare che aveva completato l’addestramento sull’F-35 nel novembre scorso nella base aerea di Luke.

Quest’estate due F-35 statunitensi dovrebbero compiere la traversata Atlantica in senso contrario raggiungendo la Gran Bretagna in occasione del Salone internazionale di Farnborough.

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Re: Gli F-35 italiani

Messaggio da Phant » 2 agosto 2016, 19:13

Analisidifesa.com ha scritto:
L'Italia e gli F-35: confermata la "sovranità limitata"

A maggio l’Ufficio di programma per il Joint Strike Fighter ha reso note alcune decisioni importanti per la gestione tecnico-operativa delle future flotte di F-35, con particolare riguardo a quelle dei partner internazionali. Le novità hanno notevoli implicazioni sul grado di sovranità che questi potranno esercitare sui sistemi e il livello di sofisticazione dei loro velivoli e conseguentemente sulle prestazioni che questi potranno offrire.

Il 5 maggio – ecco la novità – il Department of Defense americano ha assegnato a Lockheed Martin un contratto relativo ai Reprogramming Laboratories, gli uffici e laboratori su suolo americano nei quali le forze aeree che schiereranno questo aeroplano provvederanno tra l’altro a caricare nel suo software i dati utili a identificare e contrastare le radiofrequenze avversarie con cui si dovrà misurare in missione, e a sfruttare le caratteristiche di bassa osservabilità dell’F-35, generando i relativi Mission Data Files (MDF; l’F-35 ne richiede il doppio del fratello maggiore F-22).

Una attività per condurre la quale, come recita una nota dell’US Air Force, parte del partenariato “non dispone di risorse nazionali”. Non è il caso dell’Italia: l’Aeronautica e la Marina generano e aggiornano da sempre i dati di missione per i loro aerei da combattimento in piena autonomia, utilizzando proprie risorse umane e tecnologiche, ed esercitando la necessaria sovranità sulla logica dei sistemi dei velivoli.
L’Italia “aggregata” alla Norvegia

Il contratto passato alla Lockheed (21 milioni di dollari) riguarda in particolare il “Digital Tuner Insertion Program”, l’hardware con cui il velivolo sarà equipaggiato per la gestione di quei dati a partire dagli esemplari del lotto a basso rateo di produzione numero 11.

La nota del Pentagono è però importante perché conferma ufficialmente ciò che era già stato deciso tempo addietro anche per l’Italia, ma che da noi non era ancora venuto alla luce: in uno dei 3 previsti Reprogramming Laboratories, il nostro Paese, che sta acquistando due tipi differenti di F-35, si troverà a operare con la Norvegia, che avrà solo la variante a decollo convenzionale F-35A.

Un secondo laboratorio servirà le flotte australiana, canadese (se Ottawa dovesse mai confermare l’acquisto del JSF) e britannica, mentre un terzo Reprogramming Laboratory servirà le sole forze aeree statunitensi (USRL in sigla).

A quest’ultimo affideranno la generazione e gestione dei MDF dei propri F-35 gli altri partner e clienti (non Israele) che non rientrano nell’accordo per i due Laboratories “stranieri”, NIRL e ACURL in sigla.

Alla copertura dei costi di sviluppo e di gestione corrente di queste infrastrutture, dovranno provvedere gli stessi partner, con appositi finanziamenti. NIRL e ACURL verranno basati a Eglin (Florida) e saranno parte integrante del Partner Support Complex, un’organizzazione attivata l’11 maggio dal 53° Wing dell’US Air Force per “assicurare la prontezza (degli F-35; ndr) dei partner della nostra coalizione in ogni futura operazione”, come ha dichiarato il suo responsabile, un civile ex-53° Wing – reparto specializzato nella guerra elettronica che a Eglin finora ha provveduto al solo addestramento di tutti i piloti destinati al JSF.

Forte al momento di una trentina di tecnici e contractor anch’essi tutti civili (a regime saranno oltre un centinaio), il Partner Support Complex supporterà insomma anche la flotta italiana di JSF.

I nostri militari opereranno insieme con quelli della forza aerea norvegese in laboratori e uffici i cui organici complessivi in ogni caso saranno per il 50 per cento coperti da personale militare americano.

Il problema della disseminazione dei dati

La materia è di quelle che scottano: in gioco c’è la famosa “sovranità” sull’impiego di un sistema d’arma così decisivo per le due forze armate italiane che se ne stanno equipaggiando – e che secondo qualcuno, forse ignaro delle stime dell’Air Force che dicono esattamente il contrario, potranno trarne vantaggi economici rispetto all’insieme degli assetti aero-tattici che l’F-35 dovrà rimpiazzare.

C’è ancora da chiarire bene quale livello di conoscenza/consapevolezza – ripetiamo le parole del capo del supporto americano – abbiano i “partner della coalizione in ogni futura operazione” della logica che governa la generazione dei dati di missione.

C’è da capire come funziona la “fusion engine”, il software che “sposa” gli input che arrivano dai vari sensori e sono fusi in un unico dato, col sistema di trasmissione data link che li deve disseminare.

C’è da capire bene come comunicheranno, e con quali modalità di cyber-protezione (decise e gestite dagli Americani, ca va sans dire), le basi italiane con gli spazi dove si preparano e si riprogrammano di volta in volta i dati per le missioni dei loro F-35, stanze che non sono nell’hangar accanto ma in casa di un paese super amico, va bene, ma pur sempre straniero. C’è da capire dove andrebbero a parare i nostri Joint Strike Fighter senza questo supporto “amico”.

Sappiamo che i Mission Data Files sono veicolati dal sistema informatico globalizzato ALIS controllato dagli USA, che in ogni momento ha contezza dello stato di efficienza e prontezza operativa di tutte le flotte di F-35. Interrogato, dà le sue riposte, ma in base a precise gerarchie di ingresso e uscita.

Tutto è stato deciso sulla scorta di accordi politici – coi relativi effetti sul piano militare – verosimilmente ormai non più rinegoziabili (se mai lo sono stati).

Il 30 giugno, all’arrivo in Inghilterra di un F-35A dell’Air Force atteso al Royal International Air Tattoo, il generale USAF Jeffrey Harrigian (nella foto sotto), responsabile dell’integrazione dell’F-35, ha ammesso che in linea di principio non sarà sempre possibile far sapere a quel determinato F-35 “coalizzato” qual è la fonte dei dati che gli vengono girati in volo in data link: il pilota si deve fidare. Punto.

La possibilità di “disseminare nello stesso tempo (“sync up”) il rilascio dei dati di missione fra i nove partner e i tre acquirenti internazionali”, ha chiarito, “è stata una questione politica, non tecnologica”.

Ma le regole di ingaggio con l’ALIS parlano chiaro, e fra le regole ce n’è una inesorabile: la possibilità che hanno i partner di stabilire quali dati della propria flotta mettere a fattor comune attraverso ALIS, può comportare una limitazione del potenziale del sistema d’arma. E questo agli Stati Uniti non sta bene.

Cosa dice Armaereo

Di sicuro c’è che tutto questo è diverso dal modo con cui siamo abituati a impiegare da decenni i nostri Eurofighter, Tornado, AMX, Harrier. Poi, più banalmente ma fino a un certo ponto, c’è anche da capire perché per la generazione e gestione dei dati di missione dell’F-35 siamo stati aggregati a un partner del programma che per geografia, politica (la Norvegia è nella NATO ma non nella UE) e strategie militari, almeno di primo acchito (tolte le famose manovre invernali con le nostre truppe di montagna) non sembra avere granché da spartire col nostro Paese.

Desunte da documenti e dichiarazioni pubbliche (le famose, e a volte così denigrate, “fonti aperte”), tutte queste notizie non danno però un quadro completo del problema “sovranità”.

Analisi Difesa si è rivolta al Segretariato Generale della Difesa (Segredifesa) per capire, primo, che impatto potrà avere sull’operabilità dei nostri F-35 questa organizzazione e gestione pre-infra-post missione fuori dal territorio nazionale; e secondo, se e quando la nostra Difesa potrà operare questi aeroplani svincolandosi dalle infrastrutture e dal controllo statunitensi.

Ecco di seguito la lunga risposta giuntaci direttamente dal Direttore degli Armamenti Aeronautici e per l’Aeronavigabilità (Armaereo), Generale Ispettore Capo Francesco Langella.

“In primo luogo è bene chiarire che la difesa del Paese è integralmente gestita dalle Forze Armate italiane, che possono avvalersi anche del sostegno derivante da vigenti alleanze e trattati internazionali senza che questo comporti condivisioni di dati in eccesso rispetto a quelli strettamente necessari.

Pertanto le decisioni assunte dal Pentagono riguardo questo tipo di attività non hanno implicazioni di sorta, e l’Italia potrà operare i propri F-35 senza alcun controllo da parte di un Paese terzo.

Il Partner Support Complex è una infrastruttura che per alcuni Partner gestirà interamente lo sviluppo dei “Mission Data files”, per altri invece fornirà un supporto iniziale fintanto che il Partner avrà raggiunto il livello di autonomia previsto.

La capacità nazionale di generazione dei “Mission Data files” sarà acquisita entro il 2020 e, nel frattempo, il personale italiano dedicato presso la base di Eglin usufruirà del supporto del Partner Support Complex.

Più in dettaglio, la disponibilità di un laboratorio per la generazione di questi dati per i sistemi d’arma in inventario è, da sempre, un requisito di sovranità nazionale per l’Italia.

In ambito F-35, tale requisito è stato rappresentato e formalizzato nei confronti degli Stati Uniti sin dalle battute iniziali della partecipazione italiana al programma JSF, che come è noto risale al 1998.

La formulazione del suddetto requisito da parte delle nazioni è funzione della propria capacità autonoma di generazione dei “Mission Data files”. Ci sono nazioni come l’Italia che già la possiedono, e altre che si affidano completamente agli Stati Uniti con limitata o nulla visibilità sui contenuti.
Per soddisfare tale requisito, alcune nazioni hanno deciso, sulla base delle proprie esigenze temporali in merito alla acquisizione dei velivoli e alla relativa necessità di produzione dei suddetti “Mission Data files”, di procedere alla realizzazione dei propri laboratori condividendo le spese infrastrutturali (Australia/Canada/Gran Bretagna, e Italia/Norvegia).

I laboratori statunitensi (gli USLR; ndr), che supporteranno anche altre nazioni, quello Italia/Norvegia e quello Australia/Canada/Gran Bretagna, sono progettati, anche al loro interno, per poter generare i dati in modo segregato, tutelando i dati delle singole nazioni.

Al contempo sarà possibile su una base di opportunità, necessità e convenienza delle nazioni stesse, condividere dati, processi di generazione o prodotto finale.

È evidente che le possibili sinergie tra i Partner sono più orientate alla salvaguardia di aspetti programmatici, di cost-sharing o di accordi pregressi, e non dal livello di partecipazione alla fase di sviluppo del programma (…).

Va infatti osservato che Australia, Canada e Gran Bretagna sono storicamente legati da accordi nel campo della gestione delle rispettive informazioni di sicurezza che prescindono dalla specifico programma di riferimento (per esempio l’F-35), e hanno radici nelle relazioni tra i Paesi del Commonwealth.

L’aggregazione dell’Italia con la Norvegia è pertanto apparsa da subito come la più efficace, non tanto per la condivisione dei dati, quanto per le tempistiche di realizzazione delle strutture, di acquisizione dei velivoli, di comunanza nei requisiti di “sovranità nazionale” e di appartenenza all’Unione Europea”.

Autonomia nella “porzione italiana” di una infrastruttura americana

La Norvegia non appartiene all’Unione Europea, ma pazienza. I nostri F-35 genereranno i dati di missione in “aggregazione” con le forze aeree norvegesi.

“Su una base di opportunità” potranno scambiare i propri con gli aerei di altri paesi, fermo restando che i Reprogramming Laboratories genereranno i dati in modo segregato, tutelando i dati delle singole nazioni.

E’ difficile comprendere che cosa avverrà esattamente nel corso di una missione condotta da F-35 di diverse forze aeree, cioè, in soldoni, chi avrà tutti i dati necessari, che ne avrà meno, chi potrà scambiarli e chi no.

L’impressione che Analisi Difesa ha raccolto presso alcuni addetti ai lavori, resta che le diverse aggregazioni dei partner nei due Reprogramming Laboratories sia stata congegnata e attuata in base a discriminazioni di fatto operate da Washington in seno all’Alleanza Atlantica, e solo una volta giunti a un “punto di non ritorno” del programma e del coinvolgimento degli stessi partner.
In una nota successiva, il capo di Armaereo ribadisce comunque come “La capacità nazionale di generazione dei “Mission Data Files” sarà acquisita entro il 2020 (in anticipo rispetto alla prevista data di IOC “Initial Operational Capability” italiana)”, aggiungendo che “la piena autonomia è da intendersi presso la porzione italiana della struttura denominata NIRL (Norway-Italy Reprogramming Lab), che sarà realizzata nella base USAF di Eglin.

All’interno del NIRL lavorerà personale qualificato dell’Aeronautica e della Marina, per soddisfare le esigenze di entrambe le versioni in acquisizione da parte italiana (F-35A e F-35B)”.

Autonomia nella “porzione italiana” di una infrastruttura di fatto statunitense.

Che sta sul suolo americano, dipendendo dall’America per ciò che le occorre per funzionare, e non a casa nostra, compresa fra gli assetti dell’Aeronautica e della Marina, perché le tecnologie alla base della generazione e dell’utilizzo dei dati di missione di questi velivoli, per la legge americana non possono lasciare il suolo nazionale.

E noi dobbiamo sottostare a quella legge. Metà della futura linea da combattimento delle forze aeree italiane, sarà condizionata/regolata sulle basi legali di un altro paese.

Il generale Langella spiega anche perché è stata scelta la Norvegia.

Prescindendo, come egli suggerisce, dal livello che Roma e Oslo occupano nel partenariato del programma, è pur vero che Italia e Gran Bretagna:
a) restano i due operatori stranieri del JSF con le flotte più cospicue;
b) sono i soli due paesi oltre gli USA ad avere una peculiare necessità della versione STOVL;
c) avranno flotte omogenee, vista l’ormai quasi certa acquisizione oltre Manica anche della versione a decollo convenzionale;
d) rappresentano un unicuum nella NATO, essendo entrambi obbligati a massimizzare interoperabilità e sinergie con l’altro loro decisivo assetto aero-tattico, l’Eurofighter – sinergie che poi risulteranno potenzialmente condivisibili.

I punti di contatto fra noi e i Britannici non mancano, e almeno in linea di principio – al netto dei futuri orientamenti dei loro rinnovati vertici politici – si tratta di argomenti robusti.

Gli F-35 STOVL dei due paesi saranno verosimilmente destinati a teatri operativi geo-strategicamente contigui e analoghi (caso degli STOVL dell’Aeronautica Militare a parte) per tipo di piattaforma e apparato logistico infrastrutturale impiegato: le portaerei.

Una “complicità” operativa più tangibile con la Gran Bretagna avrebbe forse comportato a livello generale anche qualche vantaggio indiretto in più, visto che in quanto “socio” più grande del JSF, essa ha le migliori prospettive di sovranità sul sistema d’arma.

Londra si prepara a costruire importanti infrastrutture per l’addestramento, il supporto logistico e la manutenzione – comprese le installazioni che servono al ripristino della speciale verniciatura stealth – per i suoi previsti 138 F-35.

Tutte opere che serviranno anche al supporto dei 50-60 JSF della versione a decollo convenzionale che l’US Air Force schiererà dal 2022 sulla base aerea della RAF di Lakenheath.

I Britannici poi otterranno la sede dello Hub per le operazioni di modifica, riparazione e aggiornamento sull’avionica delle flotte europee di F-35, mentre Cameri si accontenterà di svolgere quelle stesse operazioni solo sulla struttura dei velivoli.

Ma tant’è: dipendere da un partner forte come la Gran Bretagna anche per la manutenzione di tutta l’elettronica di questo aereo-computer potrebbe avere i suoi vantaggi (poi, volendo ribaltare il discorso di 180 gradi, bisognerebbe anche chiedersi quali effetti negativi avrebbe su di noi questa dipendenza da oltre Manica sul fronte della sovranità tanto militare quanto industriale).

E se il JPO venisse chiuso?

Tornando ai Reprogramming Laboratories, c’è poi un problema di tempi. Secondo l’ultimo rapporto del Director of Operational Test & Evaluation del Pentagono (non più freschissimo, è vero), questi laboratori non saranno pronti prima del 2019, ossia dopo la prevista fase di valutazione operativa iniziale dell’aereo con la release (almeno per ora) definitiva del software, la Block 3F. Prima di allora, suggerisce il DOT&E, non sarà materialmente possibile impiegare l’F-35 in teatri operativi caratterizzati da minacce importanti (metti caso i sistemi contraerei russi S-300/400).
Ma l’Air Force, o il Pentagono, che poi è lo stesso, mordono il freno: nel giro di un anno, s’è saputo all’Air Tattoo, potrebbero “mostrare” al mondo in Medio Oriente F-35A freschi di Initial Operational Capability, però con ancora circa il 15 % delle prestazioni inibite da un software non definitivo, la necessità di ricevere dal costruttore decine di kit di modifica per rendere effettiva la IOC (è successo agli STOVL dei Marines), il Laboratory per i loro MDF ancora di là da venire, la valutazione operativa iniziale ancora da iniziare, e dulcis in fundo, lo stesso programma di sviluppo ancora da terminare.

In teoria, per i partner la dipendenza dalla disponibilità e dal controllo infrastrutturale statunitense potrebbe poi complicarsi ulteriormente se, come ha chiesto di recente la potente Commissione Difesa del Senato americano, l’attuale ufficio governativo che vi sovraintende facendo da tramite fra i vari governi del partenariato (il JPO, dal costo annuale di oltre 70 milioni di dollari), dovesse essere smantellato spalmandone responsabilità, competenze e gestione dei rapporti inter-governativi in due diversi uffici sotto il diretto comando dell’US Air Force e della US Navy – uffici separati in ragione della considerevole diversità fra la versione terrestre e le due navali del JSF (strada facendo la tanto pubblicizzata “commonality” s’è drasticamente ridotta).

Andrebbe così riscritta la Normativa tecnica di raccordo con quella americana della nostra Direzione Armamenti Aeronautici e per l’Aeronavigabilità, che al paragrafo 2.2 dice testualmente che “la DAAA riconosce il JPO quale autorità governativa che emette e/o approva manuali, prescrizioni tecniche, istruzioni etc. applicabili al sistema d’arma F-35”.

Per l’Italia come per tutti gli altri 11 clienti stranieri del JSF, significherebbe dover intrattenere rapporti non più con un Governo, ma direttamente con le sue forze armate, sotto il cui controllo, alla fine, ricadrebbe l’intero prosieguo del programma. Con effetti pratici sulla questione della generazione dei Data Mission Files degli F-35 tutti da capire.

Sotto-sovranità militare, ma anche industriale

Abbiamo accennato agli F-35 STOVL dell’Aeronautica. La nuova (terza) pianificazione del procurement contemplata dall’ultimo “Documento Programmatico Pluriennale 2016-2019”, conferma l’intenzione dell’Arma Azzurra di acquistare 15 esemplari di questa versione.
Fra le misure che dovrebbero se non dimezzare l’investimento complessivo nel programma – che la conferma dei 90 esemplari renderà irrealizzabile – almeno politicamente “ridurlo di un po’ ”, sembrava ci fosse anche il concentramento su un’unica base dei 30 F-35 STOVL di Aeronautica e Marina.
L’Aeronautica insiste per la sua di Amendola, dove intanto a fine anno dovrebbe atterrare il primo F-35 a decollo convenzionale coi colori del 13° Gruppo del locale 32° Stormo.

Ma gli ammiragli nel loro sito Web scrivono ancora che “su disposizione dell’Autorità Politica, alla Marina Militare saranno destinati 15 F-35B che, dislocati presso MARISTAER Grottaglie (attuale sede del GRUPAER), condivideranno il sedime aeroportuale con altrettanti JSF STOVL destinati all’Aeronautica”.

Notizie recenti danno invece Amendola come l’unica “casa” di tutti gli STOVL italiani.

Da noi interpellata a metà luglio, la Marina Militare conferma che “a oggi, l’ipotesi di accentramento dei velivoli F-35B italiani presso la base di Grottaglie è ancora una delle opzioni all’attenzione delle superiori autorità”.

La sorda guerra fra le due Forze Armate insomma continua, con due risultati poco edificanti: il primo, si sono già spesi centinaia di milioni di euro per i lavori necessari ad attrezzare le due basi, soldi che in parte verranno buttati dalla finestra quando finalmente qualcuno deciderà su quale delle due saranno dislocati 30 aerei da combattimento del tutto speciali come gli F-35B, che richiedono infrastrutture diverse/aggiuntive rispetto agli F-35A convenzionali; il secondo, contrariamente a quanto hanno fatto altri partner, in nessuna delle due basi italiane che riceveranno per prime i JSF si sono ancora svolti i test sul rumore di questi aerei, per stabilire quale impatto produrranno (anche) sulle urbanizzazioni civili circostanti.

Rinunciare a una delle basi di F-35B, abbiamo detto, non darebbe un contributo così sostanziale al quel “dimezzamento”, che come abbiamo scritto fino alla noia, si riferisce all’ipotesi iniziale di 131 aerei.

Diverso sarebbe rinunciare a una quota consistente della flotta ridimensionata da Di Paola a 90 esemplari, ma così non sarà. Il loro acquisto avverrà per fasi successive (quest’anno ne acquisteremo 4 – dovevano essere 6 – e ci impegneremo per altri 8 cominciando a ordinare e pagare i relativi Long-Lead Items; dopo i primi 8 aerei, avremo così preso impegni contrattuali per altri 12), cercando di spendere meno nella prima fase del procurement.
Ma anche questa è una bella storiella: meno aerei compro nell’unità di tempo, meno “sconti” mi farà il produttore e meno economie di scala potrò conseguire. E – dulcis in fundo – meno sovranità conquisterà da parte sua pure l’industria.

La FACO di Cameri ha già rallentato i suoi ratei, tanto negli assemblaggi degli aerei quanto nella costruzione delle ali.
Di queste finora sono stati prodotti dieci assiemi completi, con un rateo annuale lontanissimo da quello per cui sono stati dimensionati gli impianti.
Il rallentamento non facilita certo l’ottimizzazione dei costi industriali di Leonardo (con i primi problemi di occupazione nella ex-fabbrica Alenia di Foggia che fornisce vari componenti alari).

La sovranità industriale resta anch’essa una chimera se solo si pensa che per correggere difetti riscontrati in sede di controllo di qualità sulle ali assemblate dai tecnici italiani (alcuni dei quali non sono assunti direttamente ma hanno ancora contratti interinali), per esempio un foro troppo largo – succede spessissimo in qualsiasi lavorazione, a volte (come è stato a Grottaglie per il Boeing 787) anche per colpa di disegni originali sbagliati – Leonardo deve ogni volta corrispondere agli americani per contratto un certo quid. E si tratta, ogni volta, di qualche migliaio di dollari.
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Re: Gli F-35 italiani

Messaggio da Phant » 22 agosto 2016, 19:41

Theaviationist.com ha scritto:
First Italian pilot qualified as F-35A Instructor Pilot at Luke Air Force Base

An ItAF combat pilot has recently become the first Italian F-35A IP (Instructor Pilot) with the 56th Fighter Wing at Luke AFB, Arizona.

The Italian IP has got the qualification to train Italian and partner nations pilots on the Joint Strike Fighter through a 6-month syllabus made of two distinct classes respectively called “Transition” and “Intructor Pilot Upgrade” (IPUG).

During Transition the pilots train in various forms of flight: air-to-air combat, air-to-ground missions including SEAD/DEAD tasks (Suppression / Destruction of Enemy Air Defenses). At the end of this stage, the student IPs have gained skills to fly these missions in all-weather conditions.

During the subsequent IPUG class, the students are taught how to teach follow-on pilots to fly and fight in the F-35A. The IPUG course ends with a check ride required to achieve the IP qualification.

The syllabus has become more focused on full combat training last Spring, as the U.S. Air Force prepared to declare the F-35A Lightning II ready for war by the U.S. Air Force with the 34th Fighter Squadron based at Hill AFB in Utah (that eventually achieved the Initial Operational Capability on Aug. 2).

The newly qualified Italian IP will serve in the multinational pilot training center at Luke AFB in Arizona, the world’s premier conventional F-35 training base where, under a pooling arrangement, USA, Australia, Norway and Italy, share IPs and aircraft to train new pilots and instructors within the same standardized framework.

Two Italian F-35As are already part of the “shared pool” at the airbase near Phoenix: the first one, dubbed AL-1 and serialled MM7332, the ItAF’s first F-35, the first JSF built outside the U.S., arrived in the U.S. at the end of the type’s first ever transatlantic flight on Feb. 5, 2016.


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Re: Gli F-35 italiani

Messaggio da Aviators » 13 dicembre 2016, 16:00

Fromtheskies.it ha scritto: Consegnati i primi due F-35 al 32° Stormo di Amendola

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Secondo più fonti – non ufficiali – sono stati consegnati ieri, lunedì 12 dicembre, i primi due F-35A al 32° Stormo dell’Aeronautica Militare.
Si tratterebbe degli esemplari AL-5 e AL-6 prodotti presso la FACO di Cameri, da dove sono decollati nel pomeriggio di ieri con destinazione Amendola, la base del 32° Stormo.
Ieri, lunedì 12 dicembre, i primi due F-35A destinati al 32° Stormo sono stati consegnati in volo alla base di Amendola. I velivoli, pilotati dal Comandante del 32° Stormo e dal Comandante del 13° Gruppo, sono stati accolti con una cerimonia strettamente privata.
Attualmente dal 32° Stormo “A. Boetto” di Amendola (Foggia) dipendono il 28° Gruppo dotato degli UAV RQ-1 Predator, la 632a Squadriglia Collegamenti dotata di velivoli MB-339 ed il ricostituito 13° Gruppo Volo al quale saranno assegnati i primi due Lockheed Martin F-35 “Lightning II” (Joint Strike Fighter).

Continua così il processo di ammodernamento che prevede la sostituzione degli gli AMX e Tornado dell’Aeronautica con gli F-35A, e i gli AV-8B Harrier della Marina con gli F-35B. Per tutti i dettagli del programma Joint Strike Fighter potete consultare la pagina “PROGRAMMA “F-35 LIGHTNING II-JSF”
In questo processo di aggiornamento ricade anche il Gulfstream G550 AEW&C. Sembra che il 14° Stormo dell’Aeronautica Militare abbia ricevuto nei giorni scorsi il primo dei due G550 AEW&C (Airborne Early Warning & Control), un sistema radar aviotrasportato di tecnologia israeliana che, a differenza degli AWACS come il Boeing E-3 Sentry, non utilizza un radome rotante, ma un sistema AESA (active electronically scanned array) integrato nella fusoliera consentendo una copertura radar di circa 370 Km a 360° . Il suo ruolo principale sarà quello di sorveglianza dello spazio aereo, funzioni di comando, controllo e comunicazioni. Purtroppo anche per il G550 non abbiamo conferme “ufficiali” sulla sua consegna, anche se è stato avvistato a Decimomannu (Cagliari) lo scorso 1° dicembre.

Sempre ieri 12 dicembre sono stati consegnati i primi due F-35I “Adir” alla Heyl Ha’Avir (Israeli Air Force). L’arrivo dei JSF è stato trasmesso in diretta streaming sulla pagina Facebook della forza aerea isrealiana, con ampio risalto anche su Twitter.

Stesse modalità per la Koninklijke Luchtmacht, l’aviazione olandese, che a maggio 2016 ha ricevuto i primi F-35A trasmettendo l’evento in streaming e organizzando un media day  .

A quanto sembra l’Aeronautica Militare ed il Ministero della Difesa continuano a mantenere un profilo basso sull’evoluzione del progetto JSF in Italia. Il lavoro prosegue ma senza troppa pubblicità, a differenza degli altri Stati e forze aeree. Proprio ieri Roberta Pinotti – criticata da molti per aver dato seguito al progetto F-35 in Italia – è stata confermata a capo del Ministero della Difesa nella nuova squadra di governo , mentre il neo-presidente degli Stati Uniti Donald Trump annunciava che di voler rivedere le spese per il progetto JSF.

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Re: Gli F-35 italiani

Messaggio da Phant » 16 dicembre 2016, 18:09

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Re: Gli F-35 italiani

Messaggio da Phant » 5 maggio 2017, 20:00

Theaviationist.com ha scritto:
First F-35B assembled internationally rolled out of Cameri FACO production facility

On May. 5, the first F-35B, the Short Take-Off Vertical Landing variant of the the F-35 Lightning II, destined to the Italian Navy, rolled out of the Final Assembly and Check Out (FACO) facility at Cameri, in northwestern Italy.

The aircraft, designated BL-1, is the first F-35B assembled internationally. It is expected to perform its first flight in late August and will be delivered to the Italian MoD in November 2017. After a series of “confidence flights” from Cameri, an Italian pilot will fly the first F-35B jet to Naval Air Station Patuxent River, Maryland, early in 2018 to conduct required Electromagnetic Environmental Effects certification. The next Italian F-35B aircraft is scheduled for delivery in November 2018.

According to a Lockheed Martin release, besides the first B example, two Italian F-35A aircraft will be delivered from Cameri this year, the first by July and the second in the fourth quarter. To date, seven F-35As have been delivered from the Cameri FACO; four of those jets are now based at Luke Air Force Base, Arizona, for international pilot training and three are at Amendola Air Base, near Foggia on the Adriatic coast. With these aircraft based in Italy and flown by the 13° Gruppo, the Aeronautica Militare (Italian Air Force) has already flown more than 100 flight hours.

In spite of a very low profile on the subject, Italy has achieved some important results with the F-35.

On Dec. 3, 2015, the ItAF welcomed the first F-35 at the Cameri FACO. That aircraft was also the first assembled and delivered outside the U.S.

On Feb. 5, 2016 the first Italian Air Force F-35, successfully completed the type’s very first transatlantic crossing landing at Naval Air Station Patuxent River, Maryland. On Dec. 12, 2016, the Italian Air Force became the first service to take delivery of the first operational F-35s outside the United States.

“Italy is not only a valued F-35 program partner that has achieved many F-35 program ‘firsts’, but is also a critical NATO air component force, providing advanced airpower for the alliance for the coming decades,” Doug Wilhelm, Lockheed Martin F-35 Program Management vice president, said at the event for the roll out of the first F-35B. “Italian industry has participated in the design of the F-35 and Italian industry made components fly on every production F-35 built to date.”

The Italian FACO, a 101-acre facility including 22 buildings and more than one million square feet of covered work space, housing 11 assembly stations, and five maintenance, repair, overhaul, and upgrade bays, is owned by the Italian Ministry of Defense and is operated by Leonardo in conjunction with Lockheed Martin Aeronautics. According to Lockheed, 800 skilled personnel are engaged in full assembly of the Conventional Take-off/Landing F-35A and F-35B aircraft variants and is also producing 835 F-35A full wing sets to support all customers in the program.

The Cameri FACO has the only F-35B production capability outside the United States. It will assemble the 60 Italian F-35As and 30 F-35Bs (for a total of 90 aircraft to be procured by the Italian Air Force and Navy), will build 29 F-35A for the Royal Netherlands Air Force and was selected in December 2014 as the European F-35 airframe Maintenance, Repair, Overhaul and Upgrade center for the entire European region.

In spite of some initial internal criticism and threatened cuts, F-35s will replace the Italian Air Force ageing Tornado and AMX attack planes and the Italian Navy AV-8B aircraft.


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Re: Gli F-35 italiani

Messaggio da Aviators » 7 maggio 2017, 17:12

Analisi Difesa ha scritto: Roll-out per il primo F-35B assemblato in Italia

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Il primo F-35B, la versione Short Take-Off/Vertical Landing dell’F-35, assemblato fuori dagli Stati Uniti, ha effettuato ieri il roll-out dalla FACO di Cameri.
L’evento è il risultato della solida collaborazione tra il Ministero della Difesa Italiano, il partner industriale Leonardo e Lockheed Martin. La FACO italiana fa capo al Ministero della Difesa ed è gestita da Leonardo in collaborazione con Lockheed Martin Aeronautics attraverso un team di professionisti che attualmente conta oltre 800 persone impegnate nella produzione delle varianti F-35A e F-35B e delle ali per l’F-35A.
All’evento sono intervenuti il Generale Claudio Graziano, Capo di Stato Maggiore della Difesa Italiana, il Generale Carlo Magrassi, Segretario Generale della Difesa/Direttore Nazionale degli Armamenti, l’Ammiraglio Mathias Winter, vice Program Executive Officer per l’F-35 Joint Program Office (JPO), e Doug Wilhelm, Lockheed Martin Vice President, F-35 Program Management.
Il primo volo del jet BL-1 è anticipato alla seconda metà di agosto mentre la consegna ufficiale al Ministero della Difesa è prevista per novembre. Altri due F-35A italiani usciranno da Cameri nel corso di quest’anno, il primo entro luglio e il secondo entro l’ultimo trimestre.
Ad oggi,  7 F-35A sono usciti dalla FACO di Cameri: quattro di questi si trovano ora alla Luke Air Force Base, in Arizona, per la formazione dei piloti internazionali, mentre altri tre si trovano presso la Base di Amendola, Foggia. L’Aeronautica Militare Italiana ha già raggiunto un totale di oltre 100 ore di volo con gli F-35 basati ad Amendola.
Il BL-1 effettuerà alcuni voli di prova dalla Base Aerea di Cameri e un pilota italiano volerà con il primo F-35B dell’Italia verso la Naval Air Station di Patuxent River, nel Maryland, all’inizio del 2018, per conseguire la necessaria certificazione Electromagnetic Environmental Effects (EEE). La consegna del prossimo F-35B italiano, BL-2, è in programma per novembre 2018.
Presso la FACO di Cameri, unico sito produttivo per l’F-35B situato fuori dagli USA, è prevista la produzione di un totale di 30 F-35B e 60 F-35A per l’Italia, unitamente a 29 F-35A per l’Aeronautica Militare olandese (RNLAF) con la capacità di soddisfare le richieste anche di altri partner europei in futuro.
La FACO Italiana sta anche producendo 835 ali intere per l’F-35A a supporto di tutti i partner del programma. La FACO è stata selezionata dal Dipartimento della Difesa USA nel 2014 come il centro Heavy Airframe MRO&U (Maintenance, Repair, Overhaul and Upgrade) in Europa. Lo stabilimento si estende su un’area di 40 ettari e comprende 22 edifici per un totale di oltre un milione di metri quadrati destinati alla produzione, con 11 stazioni di assemblaggio e cinque aree attrezzate per le varie attività di manutenzione, riparazione, revisione e aggiornamento.
Il 7 settembre 2015 il primo F-35 prodotto in Italia presso la FACO di Cameri, effettuò il primo volo internazionale nella storia del programma F-35 e, a febbraio 2016, l’F-35A ha sorvolato l’Oceano Atlantico per la prima volta. A dicembre 2016, i primi F35 dell’Aeronautica Militare Italiana sono arrivati alla base di Amendola, la prima base del Paese a ospitare gli F-35.
L’F-35 Lightning II è un caccia di quinta generazione che combina la più avanzata tecnologia stealth a bassa osservabilità con la velocità e l’agilità di manovra tipiche dei caccia, la sensor fusion per l’acquisizione e la gestione più efficiente delle informazioni, capacità operative di rete e avanzate funzioni di supporto.
Tre diversi modelli di F-35 sostituiranno diversi velivoli A-10 e F-16 dell’US Air Force, l’F/A-18 dell’US Navy, gli F/A-18 e gli AV-8B Harrier dei Marines e velivoli di almeno 11 altre nazioni. Gli F-35A e B italiani andranno a sostituire i velivoli Panavia Tornado, AMX and AV-8B. 218 F-35 sono stati costruiti e consegnati in tutto il mondo e hanno totalizzato più di 90.000 ore di volo.

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Re: Gli F-35 italiani

Messaggio da Phant » 10 luglio 2017, 15:39

Aviation-report.com ha scritto:
Vola l’ottavo esemplare di F-35A per l’Aeronautica Militare

Come i precedenti Joint Strike Fighter, AL-8 ha lasciato la pista novarese per il primo di una lunga serie di collaudi dove ha fatto rientro dopo una ventina di minuti, come sempre accompagnato da un Eurofighter Typhoon in qualità di chase plane.

Dopo il roll-out del primo F-35B (BL-1), la versione a decollo corto ed atterraggio verticale presentata alcune settimane fa e destinato a volare entro alcune settimane, continua a buon regime il programma di rinnovo della flotta da combattimento nazionale.

L’Italia si è impegnata all’acquisto di 90 JSF da produrre nello stabilimento novarese che produrrà anche 29 F-35A per l’Olanda.

Tre dei sette aerei accettati dalla nostra Aeronautica Militare, tail codes 32-05, 32-07 e 32-13 sono basati ad Amendola in organico al 32° Stormo, XIII Gruppo Caccia che recentemente ha festeggiato i 100 anni di vita.

Per questa celebrazione tutte le macchine sono state temporaneamente rischierate presso il 4° Stormo di Grosseto insieme a velivoli Eurofighter Typhoon degli altri 4 gruppi caccia nel quadro delle celebrazioni de “I 100 anni della Caccia”. Un F-35A, insieme a 4 F-2000A hanno poi sorvolato in formazione il litorale toscano durante l’Airshow di Marina di Grosseto.

Il jet di fabbricazione americana ha poi lasciato la formazione per compiere alcuni passaggi, di cui uno a stive aperte, prima di far rientro alla base. È stata la prima vera apparizione pubblica ad un Airshow italiano.

I primi 4 aerei prodotti sono tutt’ora rischierati in USA presso la Luke AFB sede del centro di addestramento multinazionale destinato a formare i piloti delle nazioni partecipanti al programma Joint Strike Fighter.


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