Intervento aereo contro ISIS (Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Filippine)

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Re: Intervento aereo contro ISIS (Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Filippine)

Messaggio da Aviators » 22 maggio 2018, 19:45

Analisi Difesa ha scritto: Putin rinforza la flotta russa nel Mediterraneo

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Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato il 16 maggio che le navi da guerra russe armate con missili da crociera Kalibr resteranno al largo della Siria “in permanente pattugliamento” nel Mediterraneo per essere sempre pronte a reagire alle minacce terroristiche contro la Siria.

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La Russia, che dispone della base navale di Tartus in Siria meridionale, ha utilizzato sottomarini e fregate per lanciare missili contro obiettivi in Siria.
Nei giorni precedenti l’Aviazione Navale russa aveva inviato sula base aerea siriana di Hmeymim (Latakya) 6 dei suoi 28 caccia Sukhoi Su-30SM ‘Flanker-H’, al loro primo impiego oltremare.
I primi due velivoli erano già presenti in aprile nella base russa in Siria mentre immagini satellitari risalenti a inizio maggio hanno individuato sei velivoli di questo tipo appartenenti secondo il Jane’s Defence Weekly al 543° Reggimento indipendente d’assalto dell’Aviazione Navale basato a Saki, in Crimea, non lontano dalla base della Flotta del Mar Nero di Sebastopoli.

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Re: Intervento aereo contro ISIS (Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Filippine)

Messaggio da Phant » 7 giugno 2018, 1:22

Analisidifesa.it ha scritto:
Il bilancio delle forze aeree irachene nella guerra all’Isis

L’Aeronautica irachena ha pubblicato sul proprio canale ufficiale Facebook i dati sulla partecipazione dei propri aerei in operazioni di combattimento contro le milizie dello Stato Islamico. Il periodo in esame va dal 10 giugno 2014 al 31 dicembre 2017 in cui sono state effettuate quasi 9mila sortite da combattimento.

In particolare si evidenzia il ruolo di mattatore del Sukhoi Su-25 (aereo da attacco che è stato ottenuto dalla Forza Aerea irachena tra il 2014 e il 2016 in 21 esemplari provenienti da Russia, Bielorussia e Iran) e che ha operato in ben 3.562 sortite, contro le sole 514 missioni dei Lockheed Martin F-16C/IQ (ricevuti in 23 esemplari dagli USA dalla fine del 2015 al 2017).

Ulteriori 398 sortite sono state operate dagli aerei L-159 (consegnati dalla Repubblica Ceca in 10 esemplari nel biennio 2015-2017).

Tra le particolarità degne di nota, ci sono anche 990 missioni di bombardamento operate dai sei aerei da trasporto Antonov An-32B e, infine, 3.459 sortite effettuate dai 4 velivoli da ricognizione e attacco leggero Cessna AC-208B Caravan che hanno lanciato ben 2.660 missili Hellfire.

Le operazioni aeree irachene contro quanto resta delle forze del Califfato sono continuate anche nel 2018 e attualmente sono concentrate lungo la fascia di confine con la Siria.


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Re: Intervento aereo contro ISIS (Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Filippine)

Messaggio da Phant » 6 agosto 2018, 17:54

Analisidifesa.it ha scritto:
Lo Stato Islamico si rafforza in Asia Centrale

Secondo le dichiarazioni del vice-presidente Usa Michael Pence, lo “Stato Islamico” (SI) non esiste più e il Califfato è ormai completamente disintegrato. Eppure vi sono segnali importanti sul rafforzamento dell’IS in Asia Centrale e soprattutto in Tajikistan.

È vero che in Siria e in Iraq, dove da anni i radicali islamici avevano le loro basi e controllavano con le armi oltre metà del territorio, sono rimasti solo piccoli focolai sparsi e poco significativi.

Al presente, sulla carta la disposizione delle forze in Siria e Iraq vede solo un paio di piccole sacche di resistenza del fu potente Isis, e stanno a loro volta per cedere. Secondo il Pentagono in entrambi i Paesi negli ultimi anni i terroristi hanno perso il 98% delle zone sotto il loro controllo e continuano a ritirarsi fino a scomparire.

Eppure, i combattenti dell’Isis non sono scomparsi. Secondo il giornale turco Khaber-turk, l’IS sta minacciando il Caucaso e l’Asia Centrale.

“I terroristi si sono concentrati soprattutto sulla frontiera afghano-tagika”, scrivono i corrispondenti che riferiscono dati delle forze armate di Ankara. Sulla minaccia degli islamisti in Asia centrale si parla anche nelle corrispondenze della tv Al Jazira, secondo le quali negli ultimi mesi i superstiti delle forze dell’Isis dalla Siria e dall’Iraq si sono trasferiti in Afghanistan, e cercano di rafforzare le proprie posizioni.

Dalle ultime ricostruzioni, le forze dell’IS si sono raggruppate soprattutto nella provincia afghana di Badakhshan, dove si snoda il confine con il Tajikistan.

È difficile dire quanti miliziani islamici si trovino da quelle parti; secondo fonti Usa, vi sarebbero circa 800 uomini ma i servizi di sicurezza afghani assicurano che sono molto di più. E proprio da quella zona i terroristi si starebbero distribuendo nei vari Paesi dell’Asia centrale.

I tre Paesi che da quella parte confinano direttamente con l’Afghanistan sono le ex-repubbliche sovietiche del Tajikistan, dell’Uzbekistan e del Turkmenistan, e sarebbero proprio questi i più a rischio di infiltrazione islamista. I più protetti sono gli uzbeki, il cui confine con l’Afghanistan è piuttosto impervio, e si può attraversare solo attraverso il ponte di Hairabad; inoltre, l’esercito uzbeko è attualmente il più forte della regione e presidia il confine.

In Tajikistan la situazione è decisamente più critica: l’esercito e il governo del Paese sono molto deboli, la frontiera afghana è molto più permeabile. A favore dei tagiki è però presente un contingente di 5mila soldati russi, di stanza nel Paese da anni. Attualmente i russi stanno proprio svolgendo un lavoro di controllo delle frontiere, su esplicita richiesta del presidente tagiko Emomali Rakhmon nell’ultimo incontro con Vladimir Putin.

Secondo le stime attuali sarebbe il Turkmenistan a subire più di tutti la penetrazione dell’IS. Il Paese è molto chiuso e isolato, e non diffonde molte informazioni all’esterno. Secondo gli esperti le forze armate turkmene sarebbero molto fragili, male equipaggiate e ancora legate ai vecchi sistemi sovietici e senza esperienza.

L’Asia Centrale, del resto, è una delle regioni di provenienza della maggior parte dei combattenti dell’IS e secondo stime non ufficiali, proprio dal Turkmenistan si erano recate in Siria e Iraq diverse centinaia di soldati, come pure da Uzbekistan e Tajikistan. Il contingente più numeroso, vicino al migliaio di terroristi, sembra provenisse dal Kirghizistan, dove i fanatici religiosi sono attivi soprattutto nelle città confine con l’Uzbekistan.

Una prima azione terrorista dell’IS in Tajikistan è stata rivendicata lo scorso 31 luglio. Due giorni prima sette turisti stranieri hanno subito un attacco nella regione di Danghara, a 150 chilometri dalla capitale Dushanbe. Due americani, uno svizzero, un olandese sono stati uccisi; altri tre turisti sono stati feriti. Il gruppo era stato travolto da una vettura e poi attaccato da uomini armati.


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Messaggio da Phant » 7 agosto 2018, 12:15

Analisidifesa.it ha scritto:
I caccia russi Su-57 in Siria per rilevare gli “stealth” statunitensi

A proposito del breve schieramento in Siria di quattro Sukhoi Su-57 avvenuto lo scorso febbraio, così come trattato da Analisi Difesa, un parlamentare russo avrebbe svelato all’agenzia di Stato Sputnik i motivi principali di tale rischieramento operativo.

Essendo infatti velivoli in corso di valutazione e non ancora in servizio attivo con gli squadroni di volo della VKS, l’apparizione in Siria dei caccia di quinta generazione Sukhoi aveva sorpreso in tal senso gli analisti militari.

Vladimir Gutenov, presidente del comitato per l’Industria militare del parlamento di Mosca ha svelato il motivo principale dell’invio dei Su-57 nella base aerea di Hmeymim (Latakya): “Il tempo in cui i nostri quattro Su-57 sono stati in Siria ci ha permesso di ottenere ulteriori informazioni sulla capacità di questo velivolo di rilevare gli aerei F-22 e F-35 statunitensi che operavano nella medesima regione aerea, senza tralasciare inoltre gli F-35 delle Forze Armate israeliane.”

In questo modo sarebbero stati testati quei sistemi radar ed elettronici che, secondo le dichiarazioni rese dal costruttore, sono in grado di rilevare velivoli stealth dotati di una traccia radar molto bassa.

I media russi hanno reso noto lo scorso 30 giugno che il viceministro della Difesa russo Alexei Krivoruchko ha firmato il contratto per la fornitura dei primi 12 esemplari di Su-57. In quel contesto era stato affermato dal presidente della United Aircraft Corporation Yuri Slyusar che il primo lotto sarebbe stato consegnato alla VKS nel 2019.


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Messaggio da Phant » 11 agosto 2018, 3:32

Analisidifesa.it ha scritto:
Siria: la terza fase dell’Operazione Round Up contro l’Isis a Deir Ezzor

Nelle prossime ore comincerà l’offensiva di terra delle milizie curdo-arabe sostenute dagli Usa delle Syrian Democratic Forces (SDF) contro Isis ad Hajin. La Coalizione Internazionale e le truppe arabo-curde hanno dichiarata conclusa la seconda fase dell’operazione Round Up (Jazeera Storm), quella che ha visto la liberazione dallo Stato Islamico dell’area settentrionale della regione di Jazeera.

Ora comincerà la terza e ultima fase delle manovre anti-Daesh: l’attacco dell’ultima sacca di resistenza a est dell’Eufrate. Quella che da Hajin va fino ad Harse. Non è chiaro come avverrà l’azione e le ipotesi a proposito sono due: la prima vede un attacco in massa delle SDF ai miliziani all’ultima roccaforte. Una volta presa, le forze siriane si dirigeranno a sud verso il confine con l’Iraq.

La seconda, invece, vedrebbe i combattenti arabo-curdi colpire oppure in più punti la zona, allo scopo di dividere e isolare ulteriormente i jihadisti per poi annientarli con maggiore facilità. Intanto, i miliziani Isis a sud ovest della Siria – dopo la sconfitta a Yarmouk Basin contro l’esercito di Damasco (SAA) – hanno tentato la fuga in Israele e Giordania.

Tanto da obbligare le forze armate dei due paesi a intervenire per eliminare diversi gruppi dello Stato Islamico, che avevano sconfinato. Nel primo caso i jihadisti Daesh si erano infiltrati sulle Alture del Golan, superando la “Alpha Line”, ma un caccia dello Stato ebraico li ha eliminati. Nel secondo, il Decimo battaglione della Border Guard di Amman ha bloccato ed eliminato un gruppo di fondamentalisti nel quadrante di Agraba, obbligando i rimanenti a ritirarsi in Siria.

Allo Stato Islamico rimangono solo 3 sacche di resistenza in Siria: a Deir Ezzor, a est dell’Eufrate nel deserto di Badia e a Suweida.


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Messaggio da Phant » 28 agosto 2018, 2:27

Analisidifesa.it ha scritto:
Siria: i russi abbattono 45 droni diretti contro la base di Hmeimin

Il ministero della Difesa di Mosca ha affermato che le forze armate russe abbiano abbattuto nell’ ultimo mese 45 droni diretti contro la loro base aerea di Hmeimim, in Siria. Secondo il generale Igor Konashenkov, 5 droni sarebbero stati distrutti negli ultimi tre giorni.

L’alto ufficiale sostiene che i droni sono rudimentali ma si servano di tecnologie sofisticate e hanno un raggio d’azione di 100 chilometri.

Secondo il generale, i miliziani siriani non li avrebbero potuti costruire senza aiuto esterno, un riferumento indiretto alle potenze occidentali (Usa, Francia e Gran Bretagna) e a Israele di cui già in passato sono emerse le connessioni con gli insorti siriani.

I droni vengono impiegati da almeno un anno dai ribelli per cercare di colpire la base russa di Hmeimin (bersagliata in passato ache con razzi e mortai) e nel gennaio scorso il comando russo mostrò al pubblico una vasta gamma di velivoli abbattuti (nella foto in alto).

Konashenkov ha inoltre denunciato che gli attacchi con droni sono aumentati ultimamente e che tutti sono stati lanciati dai miliziani stanziati nella provincia di Idlib, l’ultima grande sacca di resistenza dei ribelli jihadisti (guidati dai qaedisti dell’ex Fronte al-Nusra) che si trova a distanza utile per l’impiego di droni di ridotte dimensioni ma in gradi di imbarcare esplosivo.


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Messaggio da Phant » 5 settembre 2018, 18:55

Analisidifesa.it ha scritto:
Siria: le ultime battaglie contro lo Stato Islamico

Anche l’esercito governativo siriano (SAA) contribuisce all’offensiva finale scatenata dalle milizie curdo -arabe delle Forze Democratiche Siriane (FDS) contro Isis ad Hajin.

Da Abu Kamal (Al Bukamal) le forze fedeli al regime di Bashar Assad hanno bombardato con l’artiglieria postazioni dello Stato Islamico sulla riva est dell’Eufrate. Nel frattempo, proseguono i raid aerei della Coalizione dell’Operazione Round Up (Jazeera Storm) sulle difese del Daesh sia in città sia nel resto del quadrante, inclusa Sousah.

L’obiettivo è mantenere elevata la pressione sui jihadisti nelle zone della provincia di Deir Ezzor ancora sotto il loro controllo, in attesa dell’attacco terrestre delle FDS che stanno definendo con gli statunitensi e altri partner della Coalizione gli ultimi dettagli dell’attacco.

Previsto un grande flusso di civili che fuggirà dall’area o che dovrà essere evacuato attraverso i corridoi umanitari. I percorsi e i campi di accoglienza sono già pronti, allo stesso modo delle procedure di screening per rilevare eventuali miliziani mescolati alla popolazione.

Intanto nella provincia di Suweida, nel sud ovest della Siria, l’esercito di Damasco combatte l’ultima battaglia per strappare allo Stato Islamico al-Safa, ultima sacca di resistenza dei jihadisti nella regione.

Syrian youths walk past a billboard showing a picture of Syrian President Bashar al-Assad wearing sunglasses while dressed in a Field Marshal's camouflage fatigues, on display in the centre of the capital Damascus on July 9, 2018, with a caption below reading in Arabic: "If the country's dust speaks, it will say Bashar al-Assad." / AFP PHOTO / LOUAI BESHARA

I soldati di Assad hanno già ripreso la zona ovest della città e si apprestano a dare il colpo di grazia allo Stato Islamico. Il loro prossimo obiettivo sarà il deserto di Badia, uno degli ultimi rifugi dell’IS in Siria insieme a quelli della provincia di Deir Ezzor.

Un recente rapporto dell’Onu stima che vi siano ancora tra i 20 e i 30 mila combattenti dell’IS nel territorio tra l’Iraq e la Siria e altri 3/4 mila in Libia.

Il territorio siriano appare oggi controllato per il 64% dall’Esercito Siriano e dai suoi alleati, per il 26,8% dalle milizie curde filo Usa (FDS) mentre le diverse milizie ribelli incluse quelle filo turche e i jihadisti dell’ex Fronte al-Nusra controllano il 7,35% del territorio e l’o Stato Islamico solo l’1,5%.


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Messaggio da Aviators » 6 settembre 2018, 12:04


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Messaggio da Phant » 14 settembre 2018, 2:13

Analisidifesa.it ha scritto:
La presenza militare straniera in Libia

Nella Libia caratterizzata da scontri tra milizie e fazioni e tra i governi di Tripolitania e Cirenaica il paradosso più evidente è rappresentato dalla presenza militare straniera, ufficialmente rifiutata da tutte le parti in causa ma largamente diffusa nella ex colonia italiana.

Sull'esteso territorio di un milione e 700mila chilometri quadrati che per 42 anni era stato dominato dal colonnello Muammar Gheddafi, ci sono militari di Italia, Francia , Stati Uniti, Regno Unito, Emirati Arabi Uniti e probabilmente anche di Egitto e Russia.

L’Italia è presente ufficialmente con la Miasit (Missione bilaterale di assistenza e supporto) al Governo di accordo nazionale di Fayez Serraj. Prevede, dal primo gennaio al 30 settembre 2018, un impiego massimo di 400 militari, 130 mezzi terrestri e mezzi navali e aerei (questi ultimi nell’ambito delle unità del dispositivo aeronavale nazionale Mare Sicuro).

Decine di uomini della Marina sono presenti ad Abu Sittah (porto miliyare di Tripoli) con una nave officina (trasporto costiero) classe Gorgona per coordinare le attività della Guardia Costiera libica, addestrarne gli equipaggi e ripararne le motovedette, incluse quelle donate dall’Italia.

Miasit sostituisce e rafforza la vecchia missione Ippocrate a Misurata (300 uomini e 103 mezzi) che ha permesso la realizzazione di un ospedale militare da campo a Misurata che offre 30 posti letto. I militari italiani sono impegnati anche nell'addestramento delle forze locali amiche anche se non è mai stato precisato quali milizie vengano addestrate (quelle di Misurata? ….quelle che presidiano Tripoli?).

La presenza più discussa è quella delle forze speciali francesi. “Un segreto di Pulcinella”, lo hanno più volte definito i giornali parigini. L’ammissione da parte del governo della presenza di suoi militari sul suolo libico è arrivata nel luglio 2016, in seguito all’abbattimento di un elicottero dell’Esercito Nazionale Libico del generale Khalifa Haftar con a bordo tre membri dei corpi speciali francesi.

“Le forze speciali ci sono per contribuire a garantire che la Francia sia presente ovunque nella lotta contro i terroristi”, aveva dovuto confermare l’allora portavoce del governo del premier Manuel Valls (presidente Francois Hollande), Stephane Le Foll.

Parigi non fornisce cifre ufficiali sulla presenza militare in Libia, ma sono 3.500 i soldati sparsi tra Mauritania, Mali, Niger, Ciad e Burkina Faso nell’ambito dell’Operazione Barrkhane contro i jihadisti nel Sahel. Un rapporto indicava la presenza di almeno 40 membri dei corpi speciali francesi nella zona di Benina, nella periferia di Bengasi.

Una presenza che è stata confermata alla France-Presse anche dal colonnello Saqr Jarochi, secondo cui “almeno 20 militari si trovano in una base a Benina” e altri sono sparsi tra “Tobruk e Misurata”. Non è però chiaro se queste forze francesi siano ancora presenti in Libia ed eventualmente dove si trovino esattamente.

I francesi hanno aiutato le milizie di Misurata a combattere lo Stato Islamico a Sirte contro il quale jet Mirage e Rafale avrebbero effettuato anche incursioni aeree.

L’anno scorso alcuni incursori francesi vennero segnalati da fonti libiche al fianco delle milizie che presero il controllo di Sabratha, città costiera della Tripolitania da cui partiva la gran parte dei barconi di migranti illegali diretti in Italia) strappandone il controllo ad altre milizie che avevano accettato l’accordo con il governo di Tripoli e l’Italia per far cessare i flussi migratori illeciti.

In Tripolitania la presenza militare francese è altamente probabile nell'area di Zintan le cui milizie furono pesantemente appoggiate da Parigi fin dalla guerra civile del 2011.

Le forze aeree Usa operano da anni, soprattutto dalle basi italiane di Sigonella e Pantelleria per sorvegliare e colpire sono obiettivi dello Stato Islamico in Libia.

Secondo un rapporto pubblicato dal Watson Institute della Brown University, le operazioni guidate dall’Africa Command vedono le forze speciali americane disporre persino di una base e un centro di addestramento nel sud della Libia mentre diverse operazioni Usa sarebbero partite da una base a Sirte, l’ex roccaforte dell’IS in Libia, settore in cui i Berretti Verdi affiancavano già nel 2016 le milizie di Misurata impegnate a strappare la città ai jihadisti.

Il Pentagono non fornisce numeri esatti sulla presenza militare Usa in Libia, ma il segretario della Difesa, James Mattis, aveva dichiarato che nella regione erano impiegate mille persone, includendo però anche i militari dislocati in Niger, Mali e Nigeria.

La presenza britannica in Libia è stata confermata da alcune operazioni antiterrorismo compiute nel nord del Paese, in collaborazione anche con l’intelligence statunitense. Negli anni scorsi erano state segnalate forze britanniche in Cirenaica e lungo i confini con l’Egitto in appoggio alle truppe del generale Haftar o per condurre operazioni contro i jihadisti. Forze speciali di Londra hanno affiancato nel 2016 le milizie di Misurata nelle operazioni contro L’IS a Sirte.

In Cirenaica sono presenti da tempo forze aeree e consiglieri militari degli Emirati Arabi Uniti, che in appoggio ad Haftar schierano soprattutto contractors della società militare privata (PMC) Academi.

La base emiratina all'aeroporto Al-Khadim, situato 70 chilometri a Sud della città di Marj (dove si trova il quartier generale dell’Esercito nazionale Libico di Haftar), circa 100 chilometri da Bengasi, ospita droni cinesi armati Wing Loong, elicotteri Black Hawk e velivoli antiguerriglia AT-802U come hanno rivelato foto satellitari.

L’Egitto ha schierato saltuariamente in Cirenaica elicotteri e unità di forze speciali per azioni anti-terrorismo ma è presumibile che suoi consiglieri militari affianchino le truppe di Haftar. Un compito che, secondo indiscrezioni, impegnerebbe in Cirenaica anche militari e contractors russi dopo che Haftar ha suggellato nel gennaio 2017 la cooperazione militare con Mosca visitando nel Mediterraneo la portaerei Admiral Kuznetsov.


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Messaggio da Aviators » 2 ottobre 2018, 14:49

Analisi Difesa ha scritto: L’Olanda ritira gli F-16 dalla guerra allo Stato Islamico

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Le Reali Forze Aeree Olandesi (RNLAF) concluderanno a fine dicembre la missione in Medio Oriente nell’ambito della Coalizione internazionale contro l’ISIS. La decisione del governo dell’Aja è tesa a garantire all’Aeronautica le migliori condizioni in vista dell’inizio della transizione tra i cacciabombardieri F-16 e i nuovi F-35.

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Quattro F-16 della RNLAF sono operativi dalla base aerea di al-Azraq in Giordania da gennaio e operano quasi ogni giorno su Iraq e Siria conducendo oltre 100 missioni di attacco contro obiettivi dello Stato Islamico, compresi i veicoli, centri logistici e posizioni delle armi.
La decisione di non rinnovare l’impregno aereo olandese in Medio Oriente, legata anche all’ormai cessata esigenza bellica, è stata resa nota il 14 settembre ma il ministro della Difesa, Ank Bijleveld, ha precisato che i Paesi Bassi manterranno in Iraq i 50 istruttori basati a Erbil e i 12 a Baghdad che insieme a 20 esperti militari e civili assegnato alla nuova missione di addestramento della NATO in Iraq continueranno a contribuire alla formazione delle forze di sicurezza irachene.

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Messaggio da Phant » 23 marzo 2019, 1:00

Analisidifesa.it ha scritto:
Londra: una sola vittima civile in oltre 1700 raid della RAF contro l’Isis?

Il governo britannico ha affermato che un solo civile è stato ucciso dai bombardamenti della RAF in Siria e Iraq che dal 2014 hanno ucciso 4.013 miliziani dello Staro Islamico ferendone 302 secondo gli ultimi dati del Ministero della Difesa (MoD).

Date: 01-Nov-2010 Image shows: A 39 Squadron Reaper is ready for another mission over Afghanistan and sits on the pan armed with 2 hellfire and a 500lb Paveway under each wing at Kandahar Airfield. Title - 39 Squadron Reaper Image by Sergeant Corrine Buxton RAF

Le cifre, che coprono un periodo compreso tra settembre 2014 e gennaio di quest’anno, sono state rese note a inizio marzo a seguito di una richiesta dell’associazione “Action on Armed Violence” (AOAV).

La Coalizione a guida Usa, di cui il Regno Unito è il secondo maggior contributore, afferma di aver condotto un totale di 33.921 attacchi aerei tra agosto 2014 e fine gennaio 2019, e almeno 1.257 civili sono stati involontariamente uccisi durante questo periodo.

Le forze aeree britanniche hanno effettuato oltre 1.700 attacchi nell’area di Raqqa e Mosul registrando solo una vittima civile (lo 0,09 per cento dei danni collaterali provocati dai raids aerei dalla Coalizione) nel marzo 2017: un uomo che ha attraversato ver attraversato l’area sotto attacco su una moto poco prima dell’esplosione, ha reso noto il Ministero della Difesa.

Airwars, un’organizzazione che monitora i danni collaterali, ritiene che tra 7.500 e 12.077 non combattenti siano morti nello stesso periodo – 10 volte più alti rispetto ai dati ufficiali forniti dalla Coalizione.

“Il report della RAF mostra un rapporto tra vittime civile e i miliziani di 1:4.315: deve trattarsi di un record mondiale” ha detto ironicamente Iain Overton, direttore esecutivo di AOAV.

Lydia Wilson, ricercatrice presso il Centro per la risoluzione del conflitto dell’Università di Oxford, ha detto che è “assurdo” suggerire che un solo civile sia stato ucciso mentre intere città sono state ridotte in macerie.

“Vorrei chiedere in che modo la RAF è arrivata al loro numero, cioè come distinguono tra combattenti e civili quando gli edifici sono crollati sopra gli abitanti, e la segnalazione indipendente sul campo è impossibile”, ha detto.

La RAF insiste che ha fatto molta attenzione per evitare vittime civili e che questa è stata la campagna aerea più “precisa” della storia.

Una portavoce del MoD ha detto: “Dopo ogni attacco aereo britannico conduciamo una dettagliata valutazione dei danni che esamina accuratamente l’esito dell’attacco contro il suo obiettivo, che si tratti di combattenti, armi o basi”.

L’impressione è però che la questione sia ormai puramente ”politica” con il Ministero della Difesa impegnato a mostrare con numeri improbabili che è in grado di combattere una ”guerra pulita” e i pacifisti determinati a sostenere, pur senza prove oggettive, che il numero di vittime civili sia molto più alto.


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Messaggio da Phant » 1 aprile 2019, 0:12

Analisidifesa.it ha scritto:
Coalizione anti Isis: dopo 6mila ore di volo gli AMX italiani sostituiti dai Typhoon

Nella tarda mattinata di ieri, mercoledì 26 marzo, presso la base di Ahmed Al Jaber, il generale di squadra aerea Ferdinando Giancotti, Comandante della Squadra Aerea dell’Aeronautica Militare, in rappresentanza del Capo di Stato Maggiore della Difesa, ha presenziato al passaggio di consegne – in gergo tecnico “transfer of authority” – tra i velivoli AMX ed i caccia Eurofighter schierati in Kuwait per l’operazione “Prima Parthica”, che costituisce il contributo della Difesa alla Coalizione internazionale di contrasto al Daesh.

“Questa cerimonia – ha sottolineato il Generale Giancotti – rende omaggio ad un lavoro duro e silenzioso svolto in condizioni climatiche particolarmente difficili e sempre con risultati eccellenti. Il personale del Task Group Black Cats ha condotto egregiamente le operazioni insieme ai colleghi di tutta la Task Force Air, dando un concreto e sensibile contributo alla Coalizione internazionale per la sicurezza dell’area”.

Non cambiano i compiti dei velivoli italiani: i quattro caccia F-2000 saranno infatti impiegati in missioni di ricognizione e sorveglianza aerea– in gergo tecnico Intelligence, Surveillance and Reconnaissance (ISR) – per continuare ad assicurare alla Coalizione il contributo richiesto in termini di monitoraggio e controllo dall’alto del teatro di operazioni, suggellando la loro vocazione multiruolo.

L’attività dei caccia Eurofighter, che per la prima volta vengono rischierati fuori dai confini nazionali con questi compiti specifici, si andrà ad affiancare a quella degli aeromobili a pilotaggio remoto Predator, sempre per attività ISR, e a quella di rifornimento in volo con il tanker KC-767A, a supporto sia dei velivoli italiani sia di quelli della coalizione.

Con i voli della scorsa settimana, i velivoli AMX del Task Group Black Cats dell’Italian National Contingent Command AIR (IT NCC Air), rischierati presso la Base Aerea di Al Jaber, in Kuwait, ed operanti nell’ambito della missione Internazionale Inherent Resolve, a supporto delle Forze della Coalizione nell’azione di contrasto al DAESH, avevano raggiunto le 6000 ore di volo.

L’importante traguardo del Task Group Black Cats rappresenta un importante contributo operativo dell’Aeronautica Militare alla lotta al Daesh. Il risultato dell’impegno e della professionalità delle donne e degli uomini del Task Group e del loro quotidiano lavoro in ogni condizione ambientale è stato possibile anche grazie al supporto di tutti gli Enti e Reparti di Forza Armata coinvolti in Italia: un lavoro di squadra, costante e continuo nel tempo.

Il Task Group Black Cats, ricostituito presso la Base Aerea di Ahmed Al Jaber in Kuwait il 14 Giugno 2016, dopo l’impegno operativo in Afghanistan, opera, in piena sinergia con gli altri assetti della Coalizione, con 4 velivoli AMX, equipaggiati con un sistema di ricognizione d’avanguardia. Grazie al pod da ricognizione RecceLite infatti il velivolo è capace di effettuare ricognizioni su obiettivi terrestri da media e alta quota sia di giorno che di notte.

L’efficacia di tale assetto è anche dovuta alla sua affidabilità e ai suoi bassi consumi che, grazie alle operazioni di rifornimento in volo, permettono delle lunghe finestre di copertura aerea sui target assegnati dalla Coalizione.

Costituita in data 17 ottobre 2014, nell’ambito dell’operazione nazionale “Prima Parthica” e multinazionale “Inherent Resolve”, l’ITNCC/TFA Kuwait garantisce l’unicità di comando e l’impiego sinergico e coordinato degli assetti di volo KC 767, Predator, e AM-X. La missione della TFA Kuwait è di soddisfare le esigenze di rifornimento in volo degli assetti della coalizione con il proprio KC 767A; di concorrere, altresì, alla definizione della Situation Awareness della coalizione mediante l’impiego dei propri assetti Intelligence, Surveillance and Reconnaissance (ISR) AM-X e Predator. Questi producono immagini di alta qualità che vengono poi valorizzate dalla cellula Intelligence I2MEC (Inegrated Italian Multisensor Exploitation Cell) e fornite alla coalizione sotto forma di analisi.

L’operazione “Prima Parthica”

L’italia prende parte alla Coalizione multinazionale contro i terroristi del DAESH operanti in Iraq e Siria. Le forze dei vari Paesi che hanno espresso l’intendimento di aderire alla Coalizione stanno operando ai sensi dell’Art. 51 della Carta dell’ONU, nonché delle Risoluzioni n. 2170 (2014) del 15 agosto 2014 e n. 2178 (2014) del 27 settembre 2014, sulla base della richiesta di soccorso presentata il 20 settembre 2014 dal rappresentante permanente dell’Iraq presso l’ONU al Presidente del Consiglio di Sicurezza.

I compiti del contingente italiano sono:

  • contribuire con personale qualificato agli staff dei comandi della Coalizione;
  • attività Air-to Air refueling a favore degli assetti aerei della Coalizione;
  • ricognizione e sorveglianza con velivoli e aerei a pilotaggio remoto;
  • addestramento delle Forze di Sicurezza curde ed irachene.


Il Task Group Black Cats, ricostituito sulla base di Al Jaber nel giugno 2016, dopo l’impegno operativo in Afghanistan, ha operato in stretta sinergia con gli altri assetti della Coalizione, fornendo un contributo determinante alle operazioni – 6000 ore di volo svolte e circa 17.000 punti d’interesse e prodotti intelligence realizzati grazie ai sistemi di ricognizione di cui è equipaggiato il velivolo AMX – che si aggiunge a quello espresso a partire dal 2014 dalle altre componenti dell’Aeronautica Militare schierate in Kuwait alle dipendenze dell’Italian National Contingent Command AIR (IT NCC Air)/Task Force Kuwait.

Un assetto, l’AMX, che nel 1999 veniva impiegato per la prima volta fuori dai confini nazionali nell’operazione NATO “Allied Force” nella ex-Jugoslavia e che nei successivi venti anni di vita operativa è stato per gran parte impegnato in operazioni reali.

Un nuovo impegno in campo internazionale per gli Eurofighter dell’Aeronautica Militare, che nel 2011 hanno partecipato all’operazione di coalizione internazionale “Unified Protector” e sono stati impegnati per la difesa aerea in ambito NATO, partecipando alle operazioni di Air Policing in Lituania, Estonia, Bulgaria, Islanda. L’Eurofighter, la cui missione principale è la difesa aerea, grazie ai sensori degli apparati da ricognizione “Reccelite” con cui è equipaggiato sarà in grado di fornire alla coalizione, sia di giorno che di notte, prodotti fotografici ad altissima risoluzione su obiettivi terrestri. Le informazioni ed i contributi raccolti ed inviati in tempo reale a terra vengono poi valorizzati da cellule intelligence specializzate e rese disponibili sotto forma di analisi.


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Re: Intervento aereo contro ISIS (Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Filippine)

Messaggio da Phant » 4 aprile 2019, 2:14

Aviation-report.com ha scritto:
L’F117 il falco della notte sui cieli di Damasco

L’F-117 Nighthawk della Lockheed Martin passerà alla storia per essere stato il primo caccia Stealth operativo al mondo, frutto di un programma di sviluppo mantenuto segreto per oltre dieci anni.

A Tonopah in Nevada quasi l’intera flotta superstite è stata custodita in hangar climatizzati per evitare il deterioramento del materiale radar assorbente, nocivo per l’uomo e in base al National Defense Authorization Act del 2017 sarebbe in attesa di essere definitivamente smilitarizzata per poi essere demolita. Ma la vicenda sembra essere ben lontana dal suo epilogo.

Scramble, la celebre rivista aeronautica olandese, lo scorso mese ha pubblicato un articolo del tutto sensazionale, destinato a fare la storia.

Secondo una fonte sicura vicina agli autori e molto ben informata sui fatti ( probabilmente un insider ), ben 4 caccia F-117 sono stati segretamente rischierati in Medio Oriente nel 2017 nel corso della guerra in Siria, a causa di un’ impellente esigenza operativa dell’aeronautica degli Stati Uniti. Questi 4 velivoli che hanno sempre volato armati, hanno svolto varie sortite sui cieli siriani e iracheni, imbarcando sempre degli ordigni di tipo SDB.

Uno degli aeromobili dispiegati però è stato costretto ad effettuare un atterraggio lontano dalla propria base a causa di un’emergenza in volo. Dalle scarse fonti in nostro possesso, il luogo del rischieramento sembra fosse localizzato in Qatar, negli Emirati Arabi Uniti o in Arabia Saudita.

Fosse confermata da fonti ufficiali la notizia sarebbe uno scoop sensazionale, ma il fatto che il Nighthawk sia un velivolo ancora operativo e lungi dall’essere pensionato infatti è abbastanza evidente e negli ultimi anni la stampa specialistica lo ha confermato “paparazzandolo” varie volte sui cieli della California e del Nevada.

Le ultime immagini disponibili e pubblicate sempre da Scramble risalgono al 26 febbraio scorso e provengono proprio dal Death Valley National Park. Nel video della rivista Combat Aircraft si nota uno di questi aerei effettuare un low passage sopra la Valle della Morte.

Nonostante tutta la flotta di 52 esemplari operativi sia stata ufficialmente ritirata dal servizio attivo nell’agosto 2008 col fine di liberare fondi da destinare all’F-22 Raptor, è evidente che l’ F-117 è tutto fuorché un caccia da museo.

La ragione di questi voli è tutt’ora sconosciuta, ma non sembrano essere soltanto i classici voli finalizzati a mantenere i certificati di aeronavigabilità dell’aereo o a tenere i piloti in perfetto allenamento. C’è sicuramente molto di più.

Se disponesse realmente di una forza Nighthawk classificata o meno, l’USAF potrebbe effettivamente colpire obiettivi strategici per mezzo di attacchi di precisione con munizionamento multiplo in stiva,come due JDAM o dodici SDB.

A questo punto il loro uso così come sarebbe avvenuto in Siria ( probabilmente per sfuggire ai sistemi antiaerei russi ), potrebbe avrebbe un senso non soltanto dal punto di vista sperimentale, ma anche sotto quello economico.

I costi di una missione sarebbero senza ombra di dubbio esorbitanti, ma di gran lunga inferiori a quelli generati da un B-2, un velivolo che costa al grammo più dell’oro e che ormai viene considerato sempre di più come un’arma deterrente e di propaganda che non una realmente funzionale e strategica.

Solo nel 2014, a seguito della pubblicazione di alcuni video e immagini che ritraevano uno di questi velivoli in ottima forma, l’USAF ha deciso di esporsi in pubblico ed ha candidamente ammesso che il “Black Jet” era conservato in un deposito di “Tipo 1000” presso il Tonopah Test (T.T.R.), ovvero all’interno di una struttura climatizzata che ne permette una conservazione perfetta; il che significa che ogni aereo viene mantenuto e preservato come se dovesse tornare in servizio attivo.

In base allo status “Type 1000” infatti, tutte le piattaforme stoccate devono essere in grado di riprendere le operazioni di volo entro un periodo compreso che va dai 30 ai 120 giorni.

Lo scopo è anche evitare il deterioramento dei materiali RAM, che potrebbero risultare tossici se non letali per l’uomo. Va precisato inoltre che condizioni atmosferiche e del deserto del Nevada sono assolutamente ideali per mantenere gli aerei in condizioni perfette, proprio a causa dei livelli bassissimi di umidità che implicano un tasso di corrosione pressoché nullo.

L’iter di soppressione e’ iniziato ufficialmente nel 2016, quando l’Armed Services Committee della Camera ha deciso di rimuovere il precedente requisito che imponeva all’Air Force di mantenere la flotta in una condizione che avrebbe consentito la ripresa delle operazioni di volo.

Prima dell’F-117, le strutture di Tonopah hanno ospitato le piattaforme clandestine del programma classificato Constant Peg, che poi è stato trasferito nell’Area 51 a Groom Lake.

Nel 2017 l’USAF, sempre attraverso un comunicato ufficiale, ha annunciato la ferma decisione di ritirare la flotta superstite in via definitiva: per sempre.

In conformità con il National Defense Authorization Act del 2017, approvato il 23 dicembre dello stesso anno, l’ aeronautica americana ha dunque accondisceso a mettere la parola fine al programma Nighthawk.

Secondo il trattato, a partire partire dal gennaio 2018, ogni anno saranno ritirati 4 velivoli con lo scopo prima di demilitarizzarli e bonificarli ed infine demolirli o destinarli a qualche museo. Saranno necessari dunque più di 10 anni per completare l’intera procedura dopo la fine dello status di riserva “Type 1000”.

Ma quando sembrava che il sole fosse definitivamente tramontato sul “Black Jet” ecco che appare un’ulteriore svolta nell’intera faccenda, l’ennesima: l’ultimo avvistamento del 26 febbraio di quest’anno. A questo punto sorge spontaneo domandarsi quale è la verità e quali sono le vere motivazioni che hanno spinto l’USAF a continuare ad insistere sul Nighthawk.

L’ipotesi più accreditata vuole che questi bombardieri tattici possano essere stati riconvertiti come tester sperimentali per valutare nuovi materiali RAM, nuovi rivestimenti applicati alla struttura o sistemi innovativi per abbattere gli IR. Non è da escludere neppure lo studio di un nuovo sistema radar che sia in grado di rilevare o di tenere traccia degli oggetti volanti a bassa osservabilità.

Oltre al ruolo di tester sperimentali è da tenere in considerazione l’ipotesi che almeno uno degli esemplari immortalati nei cieli negli ultimi dieci anni possa essere un velivolo riconvertito a ruolo ummanned.

In un’occasione infatti, uno di questi Nighthawk “ombra” è stato immortalato in volo a est del Tonopah Range con una vistosa antenna posizionata a poppa sulla spina dorsale. Se così fosse, questi sarebbero i primi bombardieri tattici Stealth senza pilota su cellula operativa combat proven.

Un’ulteriore ipotesi altamente plausibile sarebbe quella di impiegarli nel corso di una delle prossime Red Flag col ruolo di Stealth Aggressor.

Gli F-117 inoltre potrebbero essere altrimenti impiegati dagli Stati Uniti e dai loro alleati per testare nuove tattiche di penetrazione in sistemi altamente protetti, senza dover sacrificare per forza piattaforme del calibro del F-22 o del F-35 (come si suppone sia accaduto nel 2017 in Siria), semplicemente sfruttando le sue capacità intrinseche e le ultime ore di volo residue.

Il Dipartimento della Difesa USA, infine, sembra che abbia deciso di continuare a preservare una piccola cellula da mantenere in operatività assieme a piloti ed equipaggi di supporto, in barba al N.D.A.A. e a qualsiasi altro trattato che vuole mettere al bando il caccia Stealth in via definitiva, con lo scopo di poter riaprire rapidamente il programma qualora ce ne fosse l’esigenza.

Nel frattempo il Nighthawk continua a solcare i cieli, ma lo fa come “black project” sotto programma e bilancio classificato. Si stima che il bugdet annuale del Dipartimento della Difesa destinato a questo genere di programmi ammonti a circa 60 miliardi di dollari.

Frutto dei programma Hopeless Diamond e Have Blue, il bombardiere tattico Stealth è stato ritirato nell’aprile del 2008 dopo venticinque anni di servizio operativo.

Mentre il primo programma attraverso complessi calcoli al computer delineava la migliore forma per dissipare le onde radar, Have Blue aveva lo scopo di definirlo in maniera quasi definitiva e di testare le proprietà di una sezione radar equivalente di un velivolo aerodinamicamente instabile con superfici piatte.

Erano gli anni ’70 e non era ancora disponibile la capacità di calcolo per realizzare le superfici curve poi adottate nelle piattaforme di quinta generazione come l’F-22 e l’F-35.

La sezione Skunk Works della Lockheed dedicata ai velivoli sperimentali iniziò a sviluppare la piattaforma Stealth nel 1976. Soltanto un anno dopo dei dimostratori tecnologici decollavano dall’Area 51, nel Nevada.

Il primo F-117A è uscito dalle linee di produzione nel 1981, mentre la capacità operativa iniziale fu raggiunta nell’ottobre del 1983, ma il mondo ne venne a conoscenza soltanto 5 anni più tardi nel 1988 grazie alla rivista Aviation Week. Ma il primo caccia stealth deve la sua popolarità alla sua partecipazione alla prima Guerra del Golfo, la Desert Storm.

Per depistare il rilevamento satellitare dei russi, presso il Tonopah Test Range Airport fu schierata negli anni ’80 una flotta di ben A-7 Corsair II. Il costo medio di un F-117 era di 110 milioni di dollari dell’epoca, anche se l’intero capitolo di spesa del programma essendo classificato non si è mai saputo. La produzione si concluse negli anni ’90 con 64 piattaforme realizzate, inclusi cinque prototipi YF-117.


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Re: Intervento aereo contro ISIS (Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Filippine)

Messaggio da Phant » 13 maggio 2019, 1:09

Analisidifesa.it ha scritto:
I Sukhoi Su-25 tornano in Siria nella nuova versione SM3

Dopo quasi un anno di assenza dal teatro siriano dei Sukhoi Su-25SM a causa della perdita in combattimento di un esemplare avvenuto il 3 febbraio 2018 (matricola RF-95486, pilotato dal Maggiore Roman Filipov) e del conseguente ritiro per il dovuto aggiornamento, l’aereo corazzato da attacco al suolo della Sukhoi è ritornato in Siria per prendere parte alle operazioni militari nella provincia di Idlib. Lo dimostrano recenti immagini satellitari che hanno individuato 4 nuovi Sukhoi Su-25SM3 presso la base russa in Siria di Khmeimim.

Come per tutta la flotta aerea assegnata finora in Siria, Mosca vuole ovviamente valutare anche questo nuovo velivolo in un contesto operativo reale. Il fine è quello di assicurarsi che l’Su-25SM3 sia letale e sufficientemente protetto contro i missili terra-aria MANDPADS come il 9K38 Igla e lo Stinger FIM-92 (quest’ultimo tra l’altro è stato ritenuto il diretto responsabile dell’abbattimento del Su-25SM di Filippov; lo Stinger, infatti, avrebbe dato il colpo di grazia dopo numerosi colpi di cannone a fuoco rapido da 23 mm incassati poco prima dal velivolo russo).

Operativo dal 1981 e non più in produzione, il “Frogfoot” ha subito numerosi interventi di modernizzazione nel corso della sua carriera. La versione più recente ha fatto il suo debutto al forum tecnico militare russo ARMY-2018 come “Su-25SM3-9”; secondo la descrizione fornita dai tecnici russi questo nuovo “Frogfoot” è destinato all’annientamento di bersagli mobili e protetti in qualsiasi condizione atmosferica, giorno e notte.

L’SM3 dispone di numerose differenze rispetto alla precedente versione Su-25SM; vediamoli nel dettaglio.

In primis una suite di protezione L370-K-25 Vitebsk-25; tale complesso integra diversi sensori e sistemi di difesa. È dotato di un sistema di identificazione automatica e geo localizzazione delle fonti di minacce. Le coordinate ottenute possono quindi essere inserite nel sistema di controllo degli armamenti SUO-39M che a sua volta è in grado di coordinare il lancio del nuovo missile anti-radar Kh-58USh (AS-11 ‘Kilter’), un’altra novità tra gli armamenti a disposizione del nuovo Su-25SM3 con una portata di 250Km, senza dimenticare la possibilità d’impiego delle bombe guidate GPS/Glonass KAB-500S.

La suite L370-K-25 Vitebsk-25 è composta dai sottonotati sistemi: l’unità di controllo L-370-01, il sistema di allarme radar L-150-16M Pastel (RHWAS – radar homing and warning system), due sensori di allarme UV Zakhvat rivolti all’indietro e montati nella coda inferiore del velivolo e uno sotto il muso rivolto in avanti a copertura della zona anteriore; una coppia di pod ECM L-370-3S (montati sui piloni che in precedenza erano usati per trasportare i missili aria-aria R-60 IR “AA-8 Aphid” a corto raggio) che generano uno schema di disturbi attivi in un’ampia gamma di onde coprenti un intervallo di frequenze compreso tra 7 e 10 GHz e da un doppio contenitore di 14 cartucce ciascuno di chaff/flare da 50 mm rivolte verso il basso.

L’insieme del complesso Vitebsk-25 consente dunque di rilevare e analizzare automaticamente le minacce e impostare schemi di disturbo per ingannare i SAM utilizzando il radar per il rilevamento del bersaglio e/o la guida di un missile ed emette inoltre impulsi per rilasciare chaff, flares e altri segnali in sequenze e combinazioni per un effetto ottimale.

Ancora, una nuova suite di comunicazione KSS-25 con una nuova radio R-999 basata su collegamento dati crittografato e un’antenna Banker-8-TM-1.

E per finire una suite di targeting e navigazione dotato di un nuovo sistema di navigazione satellitare GPS/Glonass PPA-S/V-06 molto accurato e preciso dotato di funzionalità avanzate, compresa la riprogrammazione dei waypoint e capacità di attaccare simultaneamente quattro bersagli a terra con munizioni intelligenti da quote medio-alte (considerando che il precedente PRnK-25SM installato su Su-25SM era limitato ad attaccare solo due bersagli alla volta e destinato ad attacchi a bassa quota) e composta dai sottonotati sistemi: SOI-U-25-2-1, sistemi di controllo e visualizzazione migliorati, con HUD B1 e di più ampi display MFD; sensore di targeting elettro-ottico multi modalità SOLT-25 progettato dalla Krasnogorsk Plant (sostituisce il precedente targeting laser Klen-PS); dispone di mirino laser e designatore laser/telemetro del bersaglio, termocamera, canale TV, zoom 16x e possibilità di tracciare bersagli mobili come carri armati ed elicotteri di giorno o di notte, e in qualsiasi condizione atmosferica a una distanza fino a 8 km e sistema di raccolta, monitoraggio e registrazione dei dati di volo Karat-B-25

Ricordiamo che nel 2015 la VKS aveva schierato 12 Su-25SM in Siria poi parzialmente sostituiti nel 2017 con alcuni Su-25SM3, tuttavia si trattava delle prime varianti prive delle moderne suite di auto-protezione. Le prove di accettazione da parte dello Stato dei Frogfoot equipaggiati con la suite Vitebsk-25 hanno richiesto più tempo, provocando il rinvio del loro dispiegamento fino alla fine dello scorso anno.

Nel 2015-2018 il ministero della Difesa russo ha richiesto un primo ordine di conversione per un totale di 22 Su-25SM3; l’azienda incaricata della trasformazione è la società russa JSC “121 Aircraft Repair Plant” (ARZ) di Kubinka che procederà ad un ritmo di aggiornamento non inferiore ai quattro esemplari l’anno; per inciso si tratta della stessa azienda che in passato aveva convertito 84 Frogfoot nella precedente versione Su-25SM.

Mentre scriviamo infine, giunge notizia a tal proposito della consegna di quattro nuovi Sukhoi Su-25SM3 alla 4^ Armata (Distretto Militare Meridionale) della VKS e quasi certamente presso la 6971^ base dell’aviazione sita a Budyonnovsk nello Stavropol Krai.


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Re: Intervento aereo contro ISIS (Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Filippine)

Messaggio da Phant » 17 maggio 2019, 2:29

Analisidifesa.it ha scritto:
Battesimo del fuoco anche per gli F-35A dell’USAF

Dopo gli F-35 B dei Marines impiegati in operazioni di attacco sull’Afghanistan nel settembre 2018 e gli F-35I Adir israeliani coinvolti nel maggio dello stesso anno in operazioni sulla Siria, il Central Command ha reso noto il primo impiego in operazioni di attacco contro lo Stato Islamico degli F-35A dell’Usaf.

Un paio di Lightning II del 388° squadron (419° Fighter Wing) rischierati da metà aprile negli Emirati Arabi Uniti (base aerea di al-Dhafra) e riforniti in volo da un tanker KC-10 Extender hanno colpito il 30 aprile con ordigni JDAM GBU-31 a guida Gps obiettivi dello Stato Islamico a Wadi Ashai, nel nord dell’Iraq, in particolare tunnel e un deposito di armi.


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